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Lima Call for Climate Action: l’accordo last minute che accontenta tutti gli Stati***

La strada per Parigi 2015 resta tutta in salita, ma non tutto è perduto

15/12/2014

Veronica Caciagli

Sono le tre di notte qua a Lima, quando il presidente della ventesima Conferenza delle Parti sui cambiamenti climatici dell’UNFCCC, Manuel Pulgar-Vidal, dichiara finalmente finiti i negoziati della COP20, dopo due settimane di serrate negoziazioni arrivate, ancora una volta, ai tempi supplementari. Le trattative dovevano infatti terminare venerdì, ma sono continuate ad oltranza, con brevi pause nelle notti, fino a domenica mattina. In mezzo a sale in via di smallentamento, delegati dormienti sui pochi divanetti disponibili e ministri in movimento tra plenarie e porte chiuse, le trattative sono andate avanti; e pure, a tratti, indietro.

Il testo approvato è stato chiamato, su proposta del Presidente, Lima Call for Climate Action, per sottolineare che si tratta di una cornice per azioni per il clima su cui lavorare per il futuro anno: “Possiamo farcela, possiamo lavorare insieme, in modo collaborativo, e arrivare a raggiungere a Parigi un grande successo”, ha dichiarato Pulgar-Vidal. “Oggi il mondo ha mostrato che siamo tutti impegnati per risolvere la questione dei cambiamenti climatici.” Un passo avanti registrato a Lima riguarda la cosiddetta “finanza climatica”: il Green Climate Fund, il fondo per i cambiamenti climatici creato nelle negoziazioni di Cancun del 2010, ha superato la soglia di 10 miliardi di dollari di impegni finanziari, con promesse provenienti anche da Paesi come Messico, Peru’ e Colombia: come ricordato anche nel Lima Call for Climate Action, le cifre necessarie per la finanza climatica sono ben maggiori, e i Paesi industrializzati si sono già impegnati a mobilizzare almeno 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020; ma questo inizio ha portato una necessaria boccata di ossigeno ai negoziati.

Le trattative, infatti, sono state particolarmente impegnative, soprattutto nella fase conclusiva: basti pensare che a due giorni dal termine della conferenza era ancora in discussione un testo negoziale di oltre 50 pagine, contenente tutte le proposte portate dalle Parti, e quindi con una moltitudine di opzioni ancora aperte. Poi nella giornata di venerdì sul sito web ufficiale dei negoziati era addirittura apparso un testo sbagliato, poi presto rimosso, ma comunque circolato tra i delegati, aumentando la confusione; infine si è rischiato il fallimento del summit, per l’opposizione a un ulteriore testo negoziale proposto dalla presidenza della COP che non comprendeva alcuni punti fondamentali per i Paesi in via di sviluppo.

Perciò, come richiesto dai Paesi emergenti, nel testo finale è stato re-introdotto il richiamo al principio della responsabilità comune ma differenziata, già compreso nella Convenzione UNFCCC del 1992 e nel Protocollo di Kyoto. Inoltre è stato inserito il riferimento al meccanismo Loss & Damage, il sistema di compensazione per quelle conseguenze dei cambiamenti climatici ormai inevitabili anche con azioni di adattamento; di questo nuovo strumento potranno beneficiare i Paesi in via di sviluppo più vulnerabili.

Sono invece rimandati al 2015 altri punti chiave dell’accordo, tra cui la forma legale (argomento che genera discussioni anche solo per essere nominato) e gli impegni degli Stati che, come deciso già prima di Lima, dovranno essere inviati al segretariato UNFCCC entro il 31 marzo 2015, per poi essere valutati in modo aggregato, in base al nuovo Lima Call for Climate Action, entro il 1° novembre 2015. La strada per l’accordo per Parigi sarà tutta in salita, ma è ancora aperta.

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