I rapaci assumono il farmaco cibandosi di carcasse. La Lipu si appella alla Commissione europea
27/02/2015
Veronica Ulivieri
“Chi salverà il brutto anatroccolo?”, chiede lo slogan dell’ultima campagna Lipu. L’oggetto, questa volta, non sono le rondini sempre più assenti a primavera o le pernici messe a rischio dalla doppietta facile dei cacciatori. L’associazione si sta mobilitando in difesa degli avvoltoi, uccelli metafora di spregiudicatezza e aggressività, ma nella realtà minacciati da un medicinale veterinario, che questi rapaci ingeriscono nutrendosi delle carcasse.
La sostanza incriminata si chiama Diclofenac: è un comune anti-infiammatorio per uso umano, il cui utilizzo a fini veterinari è stato autorizzato di recente in Italia (2010) e Spagna (2013). Se la medicina – è bene chiarirlo – non è di per sé pericolosa per persone e animali da carne a cui viene somministrata, può però contaminare l’ambiente, per esempio attraverso le deiezioni dei bovini, o i residui della sostanza rimasti nelle carcasse. E qui entrano in gioco gli avvoltoi, che cibandosi di animali morti ingeriscono così, indirettamente, il Diclofenac. “Residui di Diclofenac rimangono nelle carcasse del bestiame, che vengono poi mangiate dagli avvoltoi. Anche concentrazioni molto basse di Diclofenac hanno causato blocco renale e la morte in alcuni avvoltoi”, spiegano dall’organizzazione Wildlife Conservation Society.
Una pericolosità riconosciuta anche dallo studio “One Health approach to use of veterinary pharmaceuticals”, realizzato da un gruppo internazionale di scienziati e pubblicato a dicembre scorso sulla rivista Science. Nell’articolo, gli esperti citano ilDiclofenac come la causa del rapido declino ai limiti dell’estinzione della popolazione di avvoltoi in Pakistan, India e Nepal negli anni Novanta. Negli ultimi dieci anni, l’India, seguita da Pakistan, Nepal e Bangladesh ha messo al bando l’utilizzo della sostanza a fini veterinari, con il risultato che il declino della popolazione degli avvoltoi nell’Asia meridionale è rallentato, oppure la tendenza si è invertita.
Nell’articolo pubblicato su Science, gli studiosi consigliano di adottare un approccio olistico, che tenga conto di tutti gli effetti del farmaco, considerando anche che il suo utilizzo tenderà a crescere nel futuro in parallelo con l’aumento del consumo di carne a livello mondiale: “Nonostante i farmaci veterinari possano far bene alla salute degli animali domestici e all’efficienza della produzione di alimenti di origine animale, essi possono contaminare l’ambiente attraverso la loro fabbricazione, la somministrazione agli animali, e lo smaltimento di carcasse, interiora, deiezioni e parti inutilizzate”, si legge nella sintesi dell’articolo.
Oggi è necessaria una valutazione ambientale prima dell’autorizzazione al commercio di farmaci veterinari nei Paesi europei. Tuttavia, le deroghe sono molte e il Diclofenac beneficia proprio di una di queste. Delle soluzioni però esistono: “Il Diclofenac ha valide alternative, come per esempio il Meloxicam, che è stato appurato essere innocuo per gli avvoltoi e le aquile”, spiega Claudio Celada, direttore Conservazione Natura di Lipu-BirdLife Italia.
A dicembre scorso, la stessa Agenzia europea del farmaco (Ema) ha confermato la pericolosità del Diclofenac per gli avvoltoi e raccomandato alla Commissione europea alcuni provvedimenti per minimizzare i rischi. Bruxelles, spiegano dalla Lipu, “potrebbe chiedere all’Ema di revisionare l’autorizzazione e le condizioni di utilizzo del Diclofenac a uso veterinario”. Per adesso, però, tutto tace.
Fonte immagine: Wikipedia. Autore Stefan Krause, Germany