L’agricoltura familiare sta già subendo gli effetti dei cambiamenti climatici, mentre arriva la banana in Italia e si coltivano ulivi sulle Alpi.
14/12/2015
Rudi Bressa
Non solo eventi estremi ed aumento delle temperature. È l’agricoltura a subire i maggiori effetti dei cambiamenti climatici.Colture di base e cibi tradizionali in particolare. È questo l’allarme lanciato a Parigi durante i giorni della Cop21 da Ifad (Fondo internazionale delle Nazioni Unite per lo sviluppo agricolo).
“Con una popolazione mondiale in aumento e il progressivo riscaldamento del clima, la sicurezza alimentare nel prossimo futuro sarà a rischio”, spiega Michel Mordasini, vicepresidente dell’Ifad. “Possiamo fare una differenza, qui a Parigi, se destiniamo una parte maggiore delle risorse destinate a combattere il cambiamento climatico ai piccoli agricoltori, per aiutarli a fare fronte al cambiamento attraverso investimenti quali strade percorribili in qualsiasi condizione atmosferica, sistemi per segnalare tempestivamente il rischio di allagamenti, l’uso di sementi resistenti alla siccità e alla salinità del suolo”.
Come accade in Marocco, a un centinaio di chilometri dalla città di Oujda, dove un progetto finanziato dal Fondo internazionale aiuta gli agricoltori poveri ad adattarsi al cambiamento climatico, ripiantando su vaste aree di terreno arbusti locali e cespugli capaci di resistere alla siccità e costruendo piccole dighe.
È infatti l’agricoltura familiare ad assicurare il giusto apporto di cibo ad intere popolazioni, agricoltura portata avanti dai piccoli produttori. Come i migliaia di agricoltori italiani, che già oggi stanno subendo sulle colture l’effetto del mutamento del clima. “A causa del surriscaldamento sono infatti arrivate in Italia le prime coltivazioni di banane e avocado”, spiega Coldiretti in una nota. “L’effetto serra inoltre taglia la resa delle colture di orzo e luppolo per la birra in Belgio e Repubblica Ceca e anche i produttori di champagne francesi sono in allarme”, continua l’associazione.
Negli ultimi decenni si stanno spostando le colture di vino e di ulivo. Già oggi si produce a quasi 1200 metri di altezza nel comune di Morgex e di La Salle, in provincia di Aosta: qui i vitigni più alti d’Europa producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop. “Si è verificato nel tempo – continua Coldiretti – anche un significativo spostamento della zona di coltivazione tradizionale di alcune colture come l’olivo che è arrivato alle Alpi. È infatti in provincia di Sondrio, oltre il 46esimo parallelo, l’ultima frontiera nord dell’olio d’oliva italiano. Negli ultimi dieci anni – spiega la Coldiretti – la coltivazione dell’ulivo sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese è passata da zero a circa diecimila piante, su quasi 30mila metri quadrati di terreno”.
Pomodori e grano duro, tipici mediterranei, ora si coltivano in Pianura Padana, mentre i tipici Paesi produttori di caffè e cacao, vedono calare le proprie rese a causa del mutamento del clima e dell’attacco di nuovi patogeni. Il cambiamento è già in atto, per questo dovremmo fornire gli strumenti per proteggere le colture di domani, per ciò che sarà il nostro cibo quotidiano.