Mentre molti Paesi stanno adottando una seria e lungimirante politica nei confronti delle rinnovabili, in Italia sarà un referendum popolare a scegliere quale strada percorrere.
25/01/2016
Rudi Bressa
Con il sì della Corte Costituzionale al referendum sulle trivelle, la parola passa ai cittadini. L’unico quesito dei sei proposti ad aver avuto il via libera è “quello sulla durata dei titoli per sfruttare i giacimenti lì dove le autorizzazioni siano già state rilasciate”. Ovvero si dovrà decidere se le autorizzazioni rilasciate siano ancora valide, in particolare per “la durata della vita utile del giacimento”. Il Governo comunque assicura: “Chiunque vinca il referendum, non ci sarà alcuna nuova trivellazione”.
Sta di fatto che il fronte si è già spaccato tra favorevoli e contrari. Tra i contrari, oltre alle 9 Regioni, ci sono i Comitati NoTriv e le varie associazioni ambientaliste, che in una nota congiunta hanno dichiarato: “La Sentenza della Corte Costituzionale, che ha confermato il referendum sulle trivelle sul quesito già promosso dalla Corte di Cassazione, ci dà lo spunto per rilanciare richieste chiare al Governo: rigetto immediato e definitivo di tutti i procedimenti ancora pendenti nell’area di interdizione delle 12 miglia dalla costa (a cominciare da Ombrina) e una moratoria di tutte le attività di trivellazione a mare e a terra, sino a quando non sarà definito un Piano energetico nazionale volto alla protezione del clima e rispettoso dei territori e dei mari italiani”.
Il possibile rinnovo del programma di trivellazioni per l’esplorazione e la successiva estrazione di petrolio in mare, arriva in un momento storico che lo rende quanto meno anacronistico, alla luce anche di quello che sta accadendo nel resto del mondo.
Come il dietrofront di Obama lo scorso ottobre che ha praticamente revocato tutte le autorizzazioni per la ricerca di petrolio e gas nell’Alaska. O quello ancora più significativo di Shell, che ha definitivamente abbandonato “le attività di perforazione in mare aperto in Alaska per il prossimo futuro”.
Il trend pare sia questo. Un lento e progressivo abbandono delle fossili, a favore di fonti energeticamente, economicamente e ambientalmente più sostenibili. La conferma della tendenza arriva inoltre dall’ultimo rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), che mostra scenari chiari, ovvero una crescita costante delle rinnovabili nella produzione di energia elettrica (33 per cento entro il 2040), mentre continueranno ad avere un buona fetta il carbone e il gas.
Evidentemente questo referendum andrà ben al di là dell’abrogazione o meno della norma. Servirà a mostrare qual è la strada che i cittadini vogliono sia percorsa.