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Rifiuti: il packaging circolare che si butta nell’umido***

Secondo una ricerca della Bocconi, le confezioni in carta e bioplastica potrebbero sostituire packaging difficilmente riciclabili. Ma la soluzione si scontra con le lacune italiane: nel nostro Paese mancano almeno 40 impianti per l’organico

La raccolta differenziata dell’umido ha ancora troppi “intrusi” per niente compostabili, mentre gli imballaggi fatti in materiali misti, per esempio uno strato di carta e una pellicola di plastica, o le vaschette realizzate con due plastiche diverse accoppiate insieme, non possono essere riciclati e finiscono in discarica o all’inceneritore. Secondo una ricerca realizzata dal docente della Bocconi Francesco Bertolini, presentata alla fiera Cosmofood insieme al consorzio per la raccolta e l’avvio al riciclo della carta Comieco, solo per pulire l’organico dalle impurità servono 56 milioni di euro all’anno. 


Una delle possibili soluzioni, dice lo studio, potrebbe essere la sostituzione delle confezioni oggi in commercio in accoppiati plastici o in carta e plastica con packaging in carta e bioplastiche. Un’alleanza tra due materiali biodegradabili e compostabili che permetterebbe di indirizzare questi contenitori alla raccolta dell’organico e salvarli così da discarica o inceneritore. 


Una prospettiva interessante, che si scontra però al momento con la carenza impiantistica italiana: secondo il direttore del Consorzio italiano compostatori Massimo Centemero, infatti, mentre in Italia cresce la raccolta dell’umido (nel 2015 si sono superati i 100 kg per abitante l’anno), nel nostro Paese mancano almeno 40 siti di trattamento del rifiuto organico.

Bertolini propone questa soluzione per diversi tipi di imballaggi, come i vassoi oggi utilizzati per confezionare frutta e verdura, carne e pesce, i sacchetti per le insalate già pronte, le confezioni per pesce affumicato, le vaschette dei salumi. “Queste applicazioni rappresentano complessivamente una quota percentuale molto bassa rispetto al packaging complessivo”, ammette il docente della Bocconi, ma “allo stesso tempo sono applicazioni che richiedono innovazioni tecnologiche e sinergie tra industrie diverse; si tratta quindi di applicazioni strategiche per l’affermazione di nuovi paradigmi circolari”. Capaci cioè di chiudere cerchi e tagliare fuori lo smaltimento dei rifiuti in favore della loro valorizzazione.

L’esperto fa l’esempio delle vaschette per il pesce, sempre più diffuse nei supermercati. “All’interno della grande distribuzione circa il 53% del pesce fresco è preconfezionato per un totale di circa 186 mila tonnellate di pesce” e quasi 30 mila tonnellate in packaging in materiale misto impossibile da riciclare. Confezioni che potrebbero essere sostituite con un “packaging circolare composto da vassoio in carta e pellicola in bioplastica confezionato con bioplastica“.

Se in tutti i settori considerati dallo studio avvenisse la sostituzione, gli effetti non sarebbero trascurabili. Bertolini prevede “l’invio alla filiera dell’organico di oltre 615 mila tonnellate di packaging compostabile, un aumento nell’utilizzo di carta in sostituzione al packaging plastico pari a circa 588 mila tonnellate e un aumento del mercato delle bioplastiche pari a oltre 121 mila tonnellate”. Una soluzione che per l’esperto servirebbe anche a salvare da discarica e inceneritore il cibo buttato via dai supermercati, pari in Italia a 190 mila tonnellate: “Il packaging alimentare compostabile risulta preferibile in tutti quei casi in cui il rifiuto alimentare incartato viene smaltito come indifferenziato come accade attualmente nella grande distribuzione”.

18/11/2016

Veronica Ulivieri

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