Avevano sostituito i Cfc, responsabili del buco nell’ozono, ma sono fino a mille volte più potenti della Co2 per il riscaldamento globale. L’Unep: “La più significativa azione contro i cambiamenti climatici che il mondo può intraprendere quest’anno”
Negli anni Novanta hanno sostituito in impianti di refrigerazione, condizionamento e pompe di calore i gas responsabili della riduzione dello strato di ozono. Ora però, nel mirino del protocollo di Montreal, che nel 1987 mise al bando i gas Cfc e poi gli Hcfc, finiscono anche gli idrofluorocarburi (Hfc), che li hanno rimpiazzati ma non senza conseguenze. Questi gas, infatti, pur avendo buone caratteristiche sul piano della infiammabilità e della tossicità, sono molto pericolosi dal punto di vista del riscaldamento globale. Molti hanno un potenziale di global warming maggiore dalle 100 alle 1000 volte rispetto alla Co2.
Il 23 luglio, a Vienna, dove era in corso l’incontro delle 197 parti contraenti del protocollo di Montreal, si è raggiunto un pre-accordo sulla graduale riduzione dell’utilizzo di Hfc. I dettagli sono ancora in fase di negoziazione: secondo il direttore del programma sulla qualità dell’aria del Natural Resource Defense Council David Doniger, infatti, sono state proposte diverse tempistiche, con i Paesi industrializzati disposti a darsi scadenze più stringenti e le economie emergenti in cerca di termini più morbidi.
I Paesi sviluppati, scrive Doniger, “inizierebbero a tagliare prima, riducendo (gli HFC) del 10% entro il 2019. Hanno anche affrontato una proposta semplificata per i passi successivi di riduzione che rimpiazza le proposte in concorrenza di Nord America e Europa”.
Sui Paesi in via di sviluppo, invece, ci sarebbero diverse possibilità sul tavolo: se quasi 100 stati tra industrializzati e emergenti avevano proposto per questi ultimi un primo congelamento alla crescita degli Hfc per il 2021, alcuni Paesi di Asia e America Latina avrebbero chiesto di spostare la data al 2025, la Cina e il Pakistan al 2025-2026. L’Arabia Saudita, i Paesi del Golfo e l’Iran hanno avanzato, secondo Doniger, proposte ancora più a lungo termine, mentre l’India ha addirittura portato avanti la richiesta di continuare la crescita degli Hfc per 15 anni e impegnarsi in azioni di taglio solo dal 2031.
Le negoziazioni ora continueranno. Il percorso iniziato lo scorso novembre a Dubai dovrebbe concludersi il prossimo ottobre a Kigali, in Ruanda, con la firma dell’accordo finale, che sarà vincolante. Si stima che una graduale riduzione degli HFC potrebbe avere un impatto significativo sull’emergenza del riscaldamento globale, evitando da sola un aumento della temperatura di mezzo grado Celsius. Per il programma ambientale delle Naizoni Unite (Unep), “ridurre gli idrofluorocarburi attraverso il protocollo di Montreal è la più significativa azione contro i cambiamenti climatici che il mondo può intraprendere quest’anno”.
Non solo: se il passaggio a tecnologie di raffreddamento che usano gas a basso potenziale di riscaldamento globale si accompagnerà a un impegno per aumentare l’efficienza energetica di questi apparecchi, si avranno effetti positivi anche sul piano della riduzione della Co2. Per esempio, se nel 2030 si riusciranno ad avere condizionatori che consumano il 30% in meno, le emissioni di Co2 potranno scendere fino a 25 miliardi di tonnellate lungo tutta la vita dei dispositivi.
27/07/2016
Veronica Ulivieri