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Una seconda vita dai rifiuti: il progetto RAEE in Carcere***

Promuovere il recupero sociale e il pieno rientro nella legalità e nella comunità attraverso i lavori verdi, si può. Questo è l’obiettivo del progetto “RAEE in Carcere” che ha preso il via in collaborazione con istituzioni, produttori di apparecchi elettrici ed elettronici, consorzi di raccolta, cooperative sociali e realtà no profit dell’Emilia Romagna.

CONDIVIDI301/07/2014

Promuovere il recupero sociale e il pieno rientro nella legalità e nella comunità attraverso i lavori verdi, si può. Questo è l’obiettivo del progetto “RAEE in Carcere” che ha preso il via in collaborazione con istituzioni, produttori di apparecchi elettrici ed elettronici, consorzi di raccolta, cooperative sociali e realtà no profit dell’Emilia Romagna. Partita nel 2005, l’iniziativa è man mano cresciuta e dal 2009 conta 3 laboratori a Bologna, Forlì e Ferrara ove persone in esecuzione penale o reduci dal carcere lavorano ed acquisiscono competenze in relazione al recupero di materie prime seconde dei rifiuti elettrici ed elettronici.

Gli obiettivi del progetto sono stati quelli della promozione dell’inclusione socio-lavorativa di uomini e donne in esecuzione penale inserendole “in un processo industriale personalizzante legato al trattamento dei rifiuti elettrici ed elettronici”. Formare e dare un lavoro, quindi, che possa proseguire anche una volta scontata la pena, contribuendo al contempo allo sviluppo sostenibile grazie alla riduzione dei Raee, il loro riciclo e le altre forme di recupero, collaborando quindi al perseguimento degli obiettivi delle normative nazionale e comunitaria in materia di ‘società del riciclaggio’.

Dall’avvio del progetto i Consorzi (ECOLIGHT, ECODOM e ERP, ndr), ci spiegano, hanno messo a disposizione dei tre laboratori oltre 2.500 tonnellate di Raee che sono state lavorate permettendo di recuperare importanti quantitativi di materie prime seconde ed evitando la dispersione nell’ambiente di pericolose sostanze. I risultati raggiunti finora in termini sociali sono importanti: più di 60 persone in esecuzione penale sono state coinvolte nei tre laboratori. Di queste, 22 sono state assunte.

La formazione è realizzata anche attraverso tirocini di inserimento e un’attività costante di tutoraggio, grazie agli enti di formazione locali (Techne di Forlì Cesena e Cefal Emilia Romagna).

ll lavoro in sostanza consiste nello smontare ogni singolo pezzo di rifiuti di elettrodomestici, per recuperare i materiali riciclabili e smaltire correttamente il resto. “Arrivano cesti grandi come un bancale dai centri di raccolta”, ci spiegano, “dove vengono portati i rifiuti elettrici ed elettronici. Per Forlì si tratta di piccoli elettrodomestici, dai forni a microonde ai phon, dai giochi per bambini agli aspirapolvere. Per Bologna e Ferrara si tratta prevalentemente di lavatrici e lavastoviglie”. Esclusi i rifiuti classificati come pericolosi, quindi niente frigoriferi, televisori, condizionatori.

Dal 2012 il progetto ha ampliato il proprio raggio di azione anche in termini di comunicazione: il sito web e la pagina facebook, cofinanziati da alcuni partner, sono gestiti da operatrici provenienti dall’esperienza del carcere rappresentando al contempo un’occasione formativa e lavorativa.

Un bellissimo esempio di social-green economy.

photo credit: Elisabetta Zavoli

Letizia Palmisano

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