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Carburanti tossici: l’Africa occidentale adesso dice no***

Nel sud del mondo arrivano benzina e diesel con alti livelli di zolfo, a causa di normative ambientali poco stringenti. Le cose però stanno lentamente cambiando

Oltre al danno, anche la beffa. L’Africa occidentale è uno dei principali serbatoi di greggio del pianeta, ma dell’oro nero qui si sperimenta soprattutto il lato oscuro. Non solo per gli effetti ambientali diretti legati alle attività estrattive, ma anche perché quest’area, a causa delle poche raffinerie presenti, poi si trova a dover reimportare dall’estero la metà del diesel e della benzina necessari. Che qui, a causa delle normative ambientali poco stringenti, arrivano pieni zeppi del pericoloso zolfo. In poche parole, Europa e Usa qui prendono la materia prima e poi rimandano indietro il prodotto lavorato, ma della peggiore qualità possibile. 

“In media, in Africa i limiti di zolfo sono 200 volte superiori a quelli europei, ma in certi Paesi questo dato sale a mille”, si legge in un report dell’ong Public Eye che a settembre ha denunciato la situazione. Nella mappa elaborata dall’Unep, il programma per l’ambiente delle Nazioni Unite, il mondo è diviso in due. L’emisfero nord è dominato dal celestino che indica bassi livelli di zolfo consentiti nei carburanti (15 parti per milione o di meno); l’emisfero sud è un vero e proprio patchwork, dove dominano il rosso, l’arancio e il comunque poco consolante verde. Si va dalle 5.000 ppm alle 50 ppm. Secondo la Climate and Clean Air Coalition, che unisce governi, società civile e aziende nell’azione per il clima, se tutti i Paesi del mondo introducessero soglie basse per lo zolfo, si potrebbero evitare 100 mila morti all’anno da qui al 2030.

Oggi il diesel esportato in Africa occidentale dai Paesi Bassi, uno degli hub principali del commercio di carburanti, ha in media il 90% di zolfo in più rispetto agli standard europei. Se buona parte dell’emisfero sud sconta ancora gli effetti ambientali e sulla salute di carburanti molto inquinanti (solo Cile, Australia e Nuova Zelanda hanno limiti ridotti), le cose stanno però cambiando. Dopo che l’anno scorso il Marocco è passato a standard europei, adesso cinque Paesi dell’ovest del continente (Nigeria, Benin, Togo, Ghana e Costa d’avorio) hanno annunciato l’adozione del limite di 50 ppm, un primo passo verso standard più stringenti. I cinque stati hanno anche stabilito che entro il 2020 innoveranno le proprie raffinerie per produrre carburanti con i medesimi requisiti dell’Europa.

Secondo le stime dell’Unep, “la combinazione di carburanti con bassi livelli di zolfo e standard avanzati per i veicoli può ridurre le emissioni pericolose delle auto del 90%”. Per 20 anni, spiega la ministra dell’Ambiente nigeriana Amina Mohamed, “la Nigeria non è stata capace di affrontare il problema dell’inquinamento da traffico a causa dei carburanti di scarsa qualità che importavamo. Questa decisione ci porterà benefici in termini di qualità dell’aria nelle città e ci permetterà di introdurre standard moderni per i veicoli”.

E qualcosa si sta muovendo anche nel nord del mondo. Il consiglio comunale di Amsterdam ha infatti approvato a novembre una mozione che chiede alla città (unico azionista del porto da cui partono grandi quantità di carburanti verso l’Africa) di negoziare la messa al bando di diesel e benzina con alti livelli di zolfo. La mappa dell’Unep potrebbe cambiare lentamente colore.

Veronica Ulivieri

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