La start-up milanese punta a valorizzare una ricchezza che di solito si butta con vantaggi per l’ambiente e l’economia
Veronica Ulivieri
Non tutta la plastica che buttiamo nella raccolta differenziata prende la via del riciclo. Quella meno nobile – le pellicole alimentari, per esempio – viene scartata: va a finire in discarica o smaltita nei termovalorizzatori. Riutilizzarla, però, non è impossibile: Kingfisher Polymers, start up milanese nata nel 2012 dall’incontro tra Davide Gianni, ingegnere dei materiali, e Giancarlo Perfetti, ingegnere chimico, punta proprio a valorizzare questa ricchezza che di solito viene buttata.
“Prendiamo i polimeri plastici e, attraverso l’aggiunta di additivi, ne modifichiamo le proprietà per rispondere alle richieste dei clienti”, spiega Gianni. La plastica ottenuta con questo processo è meno resistente di quella vergine, non può essere usata in campo alimentare o biomedico, ma va benissimo per imballaggi industriali, pellicole plastiche, componenti per l’edilizia, elementi per il giardino. Rispetto ai polimeri vergini, un’azienda può risparmiare dal 20% al 50%.
L’azienda ha vinto l’anno scorso il premio speciale Green and Circular Economy di Italeaf, società di supporto alla creazione di start up di TERNI Research, ed è stata selezionata da Assolombarda tra le giovani imprese innovative da sostenere. I due soci stanno ora lavorando alla messa a punto dei prototipi, con l’idea di depositare entro la fine del 2014 la richiesta di registrazione del brevetto e poter avviare poi la produzione. Oltre a offrire sul mercato polimeri riciclati a prezzi competitivi, Kingfisher produrrà anche dei benefici ambientali.
Secondo le stime dei due ingegneri, per ogni euro di input se ne ricevono indietro 26 in termini di vantaggi ecologici: “Meno petrolio estratto, meno rifiuti in discarica, meno emissioni di gas, risparmio energetico, minori rischi di sversamenti di petrolio”.