In Italia 6 cittadinii su 10 hanno ridotto o annullato gli sprechi, e il WWF dice che buttare cibo fa anche male al clima
Oggi 5 febbraio si celebra la seconda Giornata di Prevenzione dello spreco alimentare in Italia, istituita nel 2013 dal MINISTERO dell’AMBIENTE non solo per recuperare lo spreco alimentare ma soprattutto per “prevenirlo”.
Nel mondo, secondo dati Fao, lo spreco di cibo continua ad essere una grande emergenza con 1,3 miliardi di tonnellate di cibo buttate ogni anno, una quantità che sarebbe utile a nutrire le popolazioni che soffrono di fame cronica. Dall’Italia però arriva una notizia in positivo. Secondo una indagine della Coldiretti/Ixe, sei italiani su dieci (60%) hanno diminuito o annullato gli sprechi domestici nel 2014, secondo una tendenza favorita dalla crisi. Ma c’è ancora molto da fare visto che ogni italiano ha comunque buttato nel bidone della spazzatura ben 76 chili di prodotti alimentari durante l’anno. Secondo l’indagine Coldiretti/Ixe, “tra chi ha tagliato gli sprechi, il 75% fa la spesa in modo più oculato, il 56% utilizzando gli avanzi nel pasto successivo, il 37% riducendo le quantità acquistate, il 34% guardando con più attenzione la data di scadenza e l’11% donando in beneficenza“.
La tendenza a ridurre gli sprechi “cresce anche fuori dalle mura domestiche con un italiano su tre (33%) che quando esce dal ristorante non ha problemi a portarsi a casa gli avanzi con la cosiddetta ‘doggy bag‘ – prosegue l’associazione agricola – anche se tra questi, solo il 10% lo fa regolarmente, mentre il 23% solo qualche volta“.
Lo spreco alimentare non è solo un problema di cibo ma anche di impatti sulla biodiversità e sul clima, un allarme che il WWF rilancia nell’anno che vedrà il Vertice mondiale di Parigi #COP21 come momento clou per gli impegni di riduzione delle emissioni di CO2 al livello globale. I dati resi noti nel rapporto “Food wastage footprint. Impacts on natural resources” realizzato dal Dipartimento di gestione ambientale e delle risorse naturali della FAO nel 2013, segnalano infatti che l’impronta di carbonio del cibo prodotto ma non mangiato e quindi sprecato ogni anno, viene stimata in 3.3 miliardi di tonnellate di CO2, una cifra complessiva che inserisce questo sconcertante dato di emissioni di prodotti che non vengono neanche utilizzati, al terzo posto nella classifica dei maggiori emettitori di CO2 a livello mondiale dopo Cina e Stati Uniti.