I dati di uno studio americano su 5 città evidenziano un nesso fra temperature elevate e aumento dei casi di calcolosi
Simona Mingolla
I calcoli renali e le coliche sono uno dei disturbi urologici più dolorosi: affliggono la specie umana da millenni, tant’è che sono state trovate tracce di calcoli renali in una mummia egizia risalente a 7.000 anni fa. I calcoli sono “sassolini”, fatti di minerali o sali cristallizzati che si formano nei reni; da qui possono scendere attraverso l’uretere (il “tubicino” che collega i reni alla vescica), ma se si incastrano durante il viaggio provocano dolori laceranti.
La calcolosi renale è uno dei disturbi assai diffuso: per esempio, negli Stati Uniti si registrano ogni anno circa 3 milioni di visite mediche e più di mezzo milione di persone si reca al pronto soccorso per complicanze come le coliche. L’European Association of Urology (EAU), ha poco tempo fa evidenziato che negli ultimi trent’anni il numero di persone alle prese con i suddetti “sassolini” è più che raddoppiato e oggi li ha addirittura un europeo su dieci. In Italia si stima colpiscano ogni anno 100.000 persone e il fenomeno è in aumento anche tra i bambini.
Molti sono stati gli studi per comprendere meglio i diversi fattori che provocano la comparsa dei calcoli ed è di pochi giorni fa la pubblicazione, sull’Environmental Health Perspective, dei risultati di un lavoro condotto dai ricercatori del Children’s Hospital di Philadelphia, con altri istituti di ricerca americani, e coordinati dall’urologo Gregory Tasian. I dati evidenziano un’associazione fra il riscaldamento globale registrato negli ultimi anni e l’aumento dell’incidenza di calcoli renali nella popolazione mondiale. In particolare, lo studio ha preso in esame i dati di oltre 60mila adulti e bambini che hanno sofferto di calcoli renali fra il 2005 e il 2011 nelle città di Atlanta, Chicago, Dallas, Los Angeles e Philadelphia (scelte perché rappresentative delle differenze di clima che contraddistinguono le diverse aeree del pianeta), mettendoli in relazione con le informazioni sul meteo.
E’ emerso, come spiega Tasian, che: “quando le temperature giornaliere hanno superato i 10 gradi, il rischio di incorrere in calcoli renali nei 20 giorni successivi è cresciuto ovunque“, tranne che a Los Angeles, nelle persone predisposte. La spiegazione è che le temperature più alte favoriscano la disidratazione, il che comporta un aumento della concentrazione di calcio e di altri minerali nelle urine favorendo la formazione di calcoli. Tuttavia, l’equipe dello studio è andata ancora oltre al collegamento caldo-calcoli scoprendo, per esempio, che anche in presenza di temperature molto rigide si registra un aumento dei casi, per lo meno in tre città: Atlanta, Chicago e Philadelphia. L’ipotesi è che le basse temperature tengano la gente all’interno degli edifici dove il riscaldamento avrebbe l’effetto di disidratazione di cui sopra, oltre che ridotta attività fisica e modificazioni del regime alimentare. “L’incidenza dei calcoli renali è già cresciuta negli ultimi 30 anni e possiamo aspettarci che questo trend continui con l’aumentare delle temperature“, conclude Tasian.