Italia all’avanguardia con 40 società benefit e una legge che le regolamenta, le attività spaziano dalla cosmetica verde alla raccolta dei detriti spaziali, dall’abbigliamento all’energia
Sono 40, sono determinate nel loro percorso di sostenibilità e nel fare profitti. Si tratta del drappello italiano delle B Corp, le società Benefit, che si sono riunite per la prima volta a Milano per presentarsi al Paese e condividere il significato e i valori di questo nuovo paradigma imprenditoriale.
La rivoluzione B Corp conta oltre 2.000 aziende in 50 paesi e in 130 settori differenti; 150.000 persone impegnate, una media di 75 persone per azienda, un fatturato complessivo di 22 miliardi di euro, una media di 11 milioni per ogni B Corp. L’Italia è all’avanguardia con 40 aziende, la seconda community europea dopo l’Olanda. Il fattore B Corp sembra poi essere inarrestabile tanto che si stima che in Italia diventeranno 150 nel 2017.
Ma cosa sono queste società che hanno messo la sostenibilità nella loro ragione sociale?
Sono imprese che usano il potenziale del business per avere un impatto positivo sulla società e l’ambiente, aziende che continuano ad avere come scopo quello di fare profitti e nel contempo mettono nero su bianco la creazione di impatti positivi verso l’ambiente circostante, i propri dipendenti, i fornitori e tutti gli altri portatori di interessi coinvolti nella loro attività.
Si tratta di una radicale evoluzione dell’economia nata nel 2006 per affrontare le sfide e le disuguaglianze del XXI secolo ed è un fenomeno economico tra i più osservati che conta tra i suoi sostenitori anche il Nobel per l’economia Robert Shiller. A catalizzare questo movimento in Italia a partire dal 2012 è stata Nativa, tra le aziende fondatrici del movimento B Corp in Europa, prima B Corp in Italia e una delle prime al mondo. “Oggi le aziende rappresentano la più grande forza sul pianeta. – ha osservato Eric Ezechieli, Co-founder di Nativa – il nostro futuro sarà prospero se riusciremo ad indirizzare questo potenziale straordinario in una direzione virtuosa, che crei valore per tutta la società. È un percorso di evoluzione ovvio, che sta accelerando sempre di più. Per trovare la direzione è necessario misurare il vero valore che tutte le aziende creano per le persone e l’ambiente e che questo venga considerato tanto importante quanto il valore economico”.
Per misurare in modo rigoroso le performance di sostenibilità complessiva (economica, ambientale e sociale) delle B Corp è stata creato un indicatore ad hoc: il protocollo di misura degli impatti B Impact Assessment (BIA). Le Società Benefit nella loro gestione devono bilanciare gli interessi degli azionisti con gli interessi della collettività, devono avere un responsabile dell’impatto e pubblicare una relazione annuale per descrivere le azioni svolte, i piani futuri e la misura dell’impatto dell’azienda sulla società e sull’ambiente. In Italia le imprese con la lettera “B” spaziano in moltissime attività: dall’alimentare come i Fratelli Carli (olio) o i Fratelli Damiano (mandorle bio), alla cosmetica green come N&B (cosmesi naturale) o Go green store (prodotti bio), dalle tecnologie per i rifiuti D Orbit (rimozione detriti spaziali) all’energia NWG Energia (commercializzazione energia da fonte rinnovabile).
L’Italia oltre che per il numero di B Corp è anche all’avanguardia per la loro regolazione. A gennaio di quest’anno, infatti, è diventata il primo stato sovrano al mondo e primo paese fuori dagli USA ad avere introdotto nel proprio ordinamento la Società Benefit. Ma la sfida italiana delle B Corp non è ancora vinta, come osserva il senatore Mauro Del Barba, promotore della legge Società Benefit, “dobbiamo – dice – supportare questo cambiamento con un grande piano di riforme complessive del paese per fare dell’Italia il cuore di questa rivoluzione attorno a cui costruire una nuova Europa del benessere sociale“.
02/12/2016
Redazione Econews