fbpx

Il pianeta acqua cerca la strada della green economy

Per la riconversione verde del settore idrico necessari oltre 5 miliardi di euro l’anno, oltre un quarto delle condotte idriche e della rete fognaria nazionale ha più di 50 anni

L’acqua, linfa vitale della green economy, non gode di una buona salute in Italia. Proprio nel settore acqua l’Italia appare infatti  arretrata rispetto al resto dell’Europa e con molte disuguaglianze tra nord e sud: le perdite nelle reti sono stimate tra il 30-40%, gli acquedotti e le reti fognarie soffrono di vecchiaia, il 24% delle condotte e il 27% della rete fognaria ha più di 50 anni, ed ancora esiste un 8% di condotte in cemento amianto, meno della metà degli impianti di depurazione (45%) assicura un trattamento dei reflui almeno secondario e sul fronte qualità, il 2,2% dei campioni è risultato fuori norma con un 9% sulle isole.

La riconversione in verde del pianeta acqua è stato al centro del seminario “I servizi idrici e la sfida della green economy: opportunità e difficoltà nella governance del servizio idrico in Italia“, organizzato dal Consiglio Nazionale della Green Economy, in preparazione degli Stati Generali della Green Economy 2016.”Per garantire insieme alla tutela di questo bene comune di fondamentale interesse pubblico insieme alla disponibilità di acqua in quantità e qualità sufficiente per soddisfare le esigenze dei cittadini e degli utilizzi nei settori produttivi – ha osservato il Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Edo Ronchi – è necessario, mettere in atto un sistema di azioni e strumenti realmente efficaci di tutela e utilizzi sostenibili di questa risorsa con investimenti adeguati e un quadro normativo coerente che potranno permettere di avviare il settore sulla strada della green economy”.

Ma molte azioni di utilità per una gestione sostenibile dell’acqua son in forte ritardo in Italia, soprattutto in alcune aree del paese. In particolare gli interventi per il contenimento delle perdite negli acquedotti, per l’abbattimento dell’evasione ed elusione della tariffa, per l’adeguamento delle infrastrutture idriche con criteri di razionalità e efficacia, per la riduzione progressiva del numero dei gestori, per garantire che siano correttamente attuate procedure di gestione per la valutazione e la gestione del rischio nella filiera delle acque destinate al consumo umano.  Per quanto riguarda gli investimenti necessari per “aggiornare” le infrastrutture idriche nazionali, che sono stati stimati in oltre 5 miliardi di euro l’anno, l’Authority nella sua ultima relazione sottolinea che nel periodo 2014-2017 gli investimenti pianificati sono stati pari a circa 5,8 miliardi, più della metà concentrati in 3 Regioni, Lombardia, Lazio e Toscana.

Eppure investire nel settore dell’acqua potrebbe avere non solo fare bene all’ambiente, ma anche servire da volano per l’occupazione, secondo l’Onu infatti la forza lavoro impegnata nel settore idrico in Europa è di ben 600.000 unità e negli Usa ciascun posto di lavoro creato a livello locale nel settore idrico comporta la creazione di 3,68 posti di lavoro indiretti nell’ economia nazionale. Il pianeta acqua si trova oggi anche di fronte ad alcune novità normative.

Il collegato ambientale, ha introdotto alcune norme in senso solidaristico, nella gestione della risorsa idrica In particolare il Fondo di garanzia delle opere idriche per sostenere gli investimenti; la perequazione tariffaria inter-ambito, e la Tariffa sociale del Servizio idrico Integrato. Un decreto del ministero dell’ambiente dello scorso anno ha poi fissato linee guida per l applicazione del principio del recupero dei costi ambientali e della risorsa idrica nei servizi idrici. Un impatto su tutto il settore è previsto inoltre dal Codice degli appalti approvato da poco.

Di recente, infine, la Camera dei deputati ha esaminato un ddl del 2014 (che riprendeva una proposta di legge popolare del 2007 e del referendum del 2011 ) che si proponeva tra i suoi obbiettivi di sancire il riconoscimento del diritto all’acqua come diritto umano universale da garantire ad ogni cittadino stabilendo una quantità minima garantita a carico della fiscalità generale; tutelare il patrimonio idrico come bene comune pubblico inalienabile; classificare il servizio idrico integrato come servizio pubblico locale di interesse generale, non di rilevanza economica; identificare alcune fonti di finanziamento a sostegno dei processi di ripubblicizzazione. “La green economy – ha concluso Gianni Squitieri, membro del gruppo di lavoro Risorse idriche del Consiglio generale della Green economy- qualsiasi siano le sensibilità e le posizioni in gioco, appare come l’unica via di uscita per questo settore”.

Condividi su facebook
Facebook
Condividi su twitter
Twitter
Condividi su linkedin
LinkedIn
Condividi su pinterest
Pinterest