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“Filiera corta, nuovo contratto sociale” che favorisce la solidarietà

Non è facile parlare di “”filiera corta”” in un quadro globale di scambi e relazioni internazionali che sembra voler convalidare uno stereotipo di flusso e di mobilità (dei beni) valicante ogni barriera, proteso verso mete sempre più sconfinate del Pianeta.

Ma è proprio in questo universo infinito e illimitato che si collocano, necessariamente, dimensioni più ristrette e più radicate, “”embedded”” direbbero gli inglesi, per sostenere l’esigenza, in linea con il quadro prospettico di Agenda21, di pensare in “”grande”” ma di agire in “”piccolo””. Secondo l’assunto del “”think globally, act locally””, le azioni virtuose partono da piccole reti locali e divengono portatori di “”grandeur””, con un’eco altisonante nell’universo globale.

Nell’ambito dell’ecosostenibilità, “”l’accorciamento”” dell’agire denota senso di responsabilità e di lungimiranza e nel nostro Paese tutto ciò è ancor più plausibile. L’Italia, d’altronde, è una piccola terra rispetto al cosmo che la attornia. Le sue singolarità ed endemicità hanno agevolato lo sviluppo di una cultura produttiva basata sulla qualità delle eccellenze artigianali e su una spiccata tradizione agricola: le vocazioni caratterizzanti la nostra economia.

Queste sono anche le essenze che determinano il significato più esaustivo di “”filiera corta””, ovvero di quella catena relazionale che, dalla produzione al consumo di un bene o servizio, privilegia la qualità e la convenienza bilaterale – per produttore e consumatore – rifiutando intermediazioni dispersive che sottraggono valore al processo.

Filiera corta, dunque, intesa nelle sue accezioni più ampie che si erge a modello per la ridefinizione del modo di intendere la produzione e dunque la diffusione dei prodotti, liberando da sovrastrutture ridondanti e piramidali i rapporti di interazione. Si sublima, allora, una connessione più diretta, più frontale, più “”umana””. Si ristabilisce un nuovo “”contratto sociale”” tra domanda e offerta, volto a favorire la solidarietà, il rispetto tra gli interlocutori, ma, soprattutto, il sano “”uso”” dei territori.

Le aree di riferimento, dove tali sinergiche e rispettose convenzioni si attuano, traggono immensi vantaggi da esse ed evolvono, così, in senso sostenibile. La filiera corta valorizza e accresce il Pil locale, generando esternalità positive per l’intera comunità. Il territorio non viene defraudato delle sue ricchezze, ma assurge a protagonista di un sistema virtuoso che mira a esaltare le specificità autoctone e a validare un network di scambio più breve e solidale, a dispetto di un processo globale standardizzante, speculativo e uniformante.

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