È l’esempio di un uso intelligente e sostenibile delle risorse. In Italia, però, un vuoto legislativo complica le cose
26/01/2015
Veronica Ulivieri
Case, terra e paglia. Mentre da una parte cresce sempre di più l’innovazione tecnologica nel campo dei materiali da costruzione, dall’altra si stanno riscoprendo tecniche tradizionali, usate per molto tempo in tutte le parti d’Italia e in gran parte del mondo, e poi dimenticate. Come la terra cruda: “Dagli anni Ottanta si è riattivata l’attenzione per l’architettura di terra, che aveva subito una specie di interruzione di memoria, anche perché questa tecnica viene spesso associata nel senso comune all’idea di povertà e marginalizzazione”, racconta Gianfranco Conti, responsabile del Centro di documentazione sulle case di terra di Casalincontrada, in provincia di Chieti. L’area è uno dei “poli” della cultura della terra cruda nel nostro Paese e ospita ogni anno da quasi due decenni una settimana dedicata al tema.
Costruire con la terra è un sistema economico ed efficiente: “Non parlerei tanto di alternativa causata dalla scarsità di altri materiali, ma di un uso intelligente delle risorse. La terra nel passato era il materiale più disponibile e offriva prestazioni interessanti: esempi di edilizia di terra si trovano dai tempi dei Romani, fino alla seconda guerra mondiale”. Da allora, hanno poi prevalso acciaio e cemento, anche se l’interesse oer i materiali naturali sta riportando alla luce questo sistema di costruzione.
Ma cosa significa, di preciso, fare architettura in terra cruda? “Ci sono diverse tecniche costruttive. Una delle più diffuse è il mattone in terra cruda, ottenuto con terra più o meno argillosa, in base a dove ci si trova, acqua e paglia. Non viene cotto, ma fatto essiccare all’aria. In circa un mese è pronto per la messa in opera”. Altri sistemi costruttivi sono la terra battuta all’interno di una cassaforma, o il così detto “massone”, che si serve di “zolle” cilindriche ottenute da un impasto di argilla e paglia. “In alcune regioni come Marche e Abruzzo, le case di terra sono un fenomeno rurale. In altre, invece, come Sardegna e Piemonte, la terra cruda è presente anche nell’architettura urbana, sia civile, sia religiosa e militare”.
Oltre al sapiente utilizzo dei materiali, la casa in terra cruda ha anche buone performance in termini di isolamento termico e controllo dell’umidità. E a fine vita dell’edificio, il materiale torna alla terra, senza bisogno di processi industriali di riciclo. Eppure, in Italia costruire oggi un edificio con queste tecniche non è semplice. “C’è un vuoto legislativo: costruire una casa di terra non è vietato, ma questa risorsa non è riconosciuta dalla legge come materiale da costruzione. Ci sono state anche varie proposte di legge per risolvere questo problema, ma nessuna alla fine è stata approvata”, continua Conti. Non è così ovunque, però: “In Germania e in Svizzera la terra cruda è riconosciuta e le associazioni dei costruttori hanno una sezione dedicata a queste tecniche edilizie”.
In attesa che l’ordinamento cambi, i tecnici del Centro di documentazione di Casalincontrada puntano sulla formazione e la diffusione di conoscenze. “Abbiamo progetti con scuole e università, ma offriamo assistenza anche a chi vuole cimentarsi con l’autocostruzione di una casa in terra cruda. Insegniamo per esempio a riconoscere il tipo di terra e scegliere poi di conseguenza la tecnica più adatta”. E dal 1° maggio, per tutta la durata di Expo, la provincia di Chieti ospiterà una mostra diffusa sull’argomento: “Vogliamo dimostrare che abitare la terra non è una cosa del passato, fa parte della contemporaneità”.
Credit Photo: Samuele Boldrin