Incidendo su temperature, precipitazioni ed ecosistemi, il riscaldamento globale mette a rischio l’accesso all’acqua e al cibo, ma anche i diritti alla salute, all’educazione e alla proprietà
07/01/2016
Veronica Ulivieri
Sono l’altra faccia del riscaldamento globale, quella di cui si parla di meno ma che ci riguarda più da vicino. “Incidendo sulle temperature, le condizioni idrologiche, il funzionamento degli ecosistemi e la produttività agricola in molte regioni, il cambiamento climatico avrà un impatto profondo sul godimento dei diritti umani da parte degli individui e delle comunità del pianeta”, si legge in un report pubblicato a dicembre dall’Unep, il programma ambientale delle Nazioni Unite. L’accesso al cibo, all’acqua potabile, a un rifugio, il diritto alla proprietà a uno standard di vita adeguato, alla salute, all’istruzione, già oggi per niente scontati, saranno messi ancora più in pericolo, dicono le Nazioni Unite, dal clima che cambia.
Prendiamo il caso dell’acqua: già oggi quasi un miliardo di persone nel mondo non ha accesso all’acqua potabile, mentre altri 3,5 miliardi di persone non vedono questo diritto pienamente garantito. E l’aumento delle temperature aggraverà il quadro: “I cambiamenti climatici ridurranno la disponibilità di acqua potabile nelle regioni aride che già sono affette da siccità e carenza di risorse idriche, come la remota regione del Turkana nel nord del Kenya, dove le persone in un lungo periodo di siccità hanno dovuto raccogliere l’acqua dai letti dei fiumi in secca”, si legge nello studio.
Sul fronte della lotta alla fame, molto è stato fatto negli ultimi decenni. Secondo la Fao, nel 2015 “il numero complessivo delle persone che soffrono la fame nel mondo è sceso a 795 milioni – 216 milioni in meno rispetto al biennio 1990-92 – vale a dire circa una persona su nove”. In questo quadro positivo, tuttavia, il clima che cambia frena profondamente il percorso verso un accesso al cibo per tutti. “Eventi meteorologici estremi, calamità naturali, instabilità politica e conflitti civili hanno anch’essi contribuito a ostacolare il progresso – sono 24 i Paesi africani che oggi stanno affrontando crisi alimentari, il doppio rispetto al 1990; circa una persona su cinque che soffre la fame vive in ambienti di crisi caratterizzati da una governance debole e da una estrema vulnerabilità alle malattie e alla morte”, spiegano dalla Fao. Il cambio nel regime delle precipitazioni e l’aumento delle temperature incidono infatti in modo significativo sull’agricoltura e se non si vorrà tornare a veder risalire il numero degli affamati, si legge nel report dell’Unep, si dovrà puntare sulle strategie di mitigazione e adattamento.
Stesso discorso vale per l’innalzamento del livello del mare, che sta mettendo a rischio le abitazioni di intere comunità in tutto il mondo, dai piccoli arcipelaghi in mezzo all’oceano fino all’Artico. “Lo spostamento è una prospettiva imminente per alcune comunità”, spiegano dall’Unep, facendo l’esempio del villaggio inuit di Kotzebue, in Alaska, che dovrà essere spostato a causa dell’aumento del livello del mare, lo scioglimento del permafrost e l’erosione costiera. In gioco in questi casi non ci sono solo il diritto alla proprietà o alla casa, ma più in generale tutti i diritti sociali e civili, dall’educazione alla salute.