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Discarica mare, SOS plastica che rischia superare in quantità i pesci***

Aumenta vertiginosamente la quantità di plastica che arriva negli oceani, ogni anno 20.000 tonnellate in più

13/03/2015

  • Elisa Peduto

Il futuro dei mari è tutt’altro che roseo.

L’allarme è lanciato da Ocean Conservancy, un’organizzazione non governativa che si occupa di salvaguardia dell’ambiente. Una classe media in espansione, soprattutto in Asia, e lo scarso impegno nel riciclare i rifiuti potrebbero facilmente portare la quantità dei rifiuti nei mari a livelli non più accettabili. Sotto accusa la plastica, smaltita in maniera non corretta, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, che finisce nei mari e negli oceani del pianeta.

Per Andreas Merkl, amministratore delegato di Ocean Conservancy, se i governi e il settore privato fallissero nel risolvere questo problema, “finiremo ad avere in mare tante tonnellate di plastica pari all’ammontare dei pesci”. “Oggi – spiega Merkl al Guardian Sustainable Business – non sappiamo che cosa questo potrebbe comportare. Sicuramente da chi ha come missione la conservazione dei mari questo non è un rischio accettabile”. Oltre a danneggiare l’ambiente, la plastica mette a rischio anche i pesci che ne mangiano frammenti scambiandoli per plancton.

Le stime parlano di 800mila tonnellate di pesci negli oceani e di 100-150mila tonnellate di plastica. Ogni anno si contano 20mila tonnellate di plastica in più, una crescita destinata ad aumentare insieme al numero di persone che si possono permettere di comprare prodotti fatti o con packaging in plastica.

La plastica non danneggia solo l’ambiente marino, ma anche il turismo e i pescatori – spiega Catherine Novelli, sottosegretario USA per la crescita economica, l’energia e ambiente a una conferenza privata del Forum mondiale per l’Economia a Davos – il problema diventa particolarmente acuto in regioni che hanno un elevato numero di persone appartenenti alla classe sociale media e allo stesso tempo una raccolta differenziata ridotta al 40%, come avviene in molti parti dell’Asia.” Per risolvere il problema bisognerebbe riciclare la plastica. “Quello di cui oggi– dice- vi è bisogno è un’analisi economica per l’intera catena di rifornimento e una collaborazione con i governi e le città per dimostrare che cosa si può fare, prima che tutto vada perduto”.

Collaborazioni con la Cina e l’India sono quindi indispensabili per ridisegnare un’economia circolare. In attesa di soluzioni pratiche la Trash Free Seas Alliance, un’alleanza tra industria e organizzazioni non governative, sta pianificando uno studio dettagliato in tre-quattro paesi, con particolare attenzione all’Asia.  

Merkl è dell’idea che si deve cominciare con passi più piccoli ma concreti come modificare il design della plastica prodotta, ridurre la colorazione, eliminare la produzione di cellophane, un tipo di plastica non riciclabile. Inoltre bisognerebbe rendere il riciclo della plastica economicamente vantaggioso per evitare di buttarla tra i rifiuti. Solo in Nigeria, ad esempio, si buttano dai 50-60mila sacchetti di plastica al giorno. A Lagos la rete fognaria è spesso intasata per via dei sacchetti di plastica buttati. Se raccogliere e riciclare la plastica creasse profitto tutto questo non avverrebbe.

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