E fuori dall’Esposizione, in città partiranno esperimenti di “alveari urbani” e “orti alti”
23/02/2015
Veronica Ulivieri
A livello mondiale, vale 72 miliardi di dollari di fatturato e 43 milioni di ettari coltivati, con 2milioni di produttori. Cifre che spiegano perché Expo2015 non poteva ignorare l’agricoltura biologica, il cui peso economico è in costante crescita. L’agricoltura a zero chimica sarà protagonista, insieme alla biodiversità, dell’Esposizione universale attraverso un’area di 8.500 metri quadrati, il Biodiversity Park. Realizzato da BolognaFiere – che in questo campo vanta un’esperienza di più di 25 anni con il SANA – l’area comprenderà uno spazio all’aperto e due padiglioni, che permetteranno ai visitatori di fare un viaggio tra i diversi paesaggi agrari italiani, nel segno dei metodi di coltivazione sostenibili e della biodiversità in campo.
All’esterno, “il viaggio lungo le eccellenze italiane si snoda in cinque tappe, per cinque diversi paesaggi”, spiegano da BolognaFiere. Gli ambienti di Alpi, Appennini, Pianura Padana, Tavolieri e altipiani, Isole saranno ricostruiti nel parco, per mostrare come l’agricoltura sia in grado di declinarsi in molti modi e dare forma di volta in volta al paesaggio.
Da qui, il percorso continua attraverso una mostra sulla storia dell’agricolturache arriva fino alle prospettive aperte sul futuro grazie alle innovazioni degli ultimi anni. Il vicino “Teatro del centro della terra” ospiterà per tutti i sei mesi di Expo esperti da tutto il mondo di agricoltura, ambiente, alimentazione, ma anche imprenditori piccoli e grandi.
L’agricoltura a zero contenuto di pesticidi e concimi chimici sarà interamente protagonista del Padiglione del biologico e del naturale. Qui, i visitatori potranno capire come le aziende biologiche siano in grado di rispondere alla sfida di “nutrire il pianeta”, con un sistema che tiene in considerazione ogni organismo vivente.
Ma l’agricoltura sostenibile non si fermerà all’interno dei confini “istituzionali” dell’Esposizione universale. Sono già numerosi infatti i progetti lanciati a Milano per accorciare la strada tra città e campagna e provare ad avviare esperimenti di produzione agricola anche tra palazzi e semafori. Con il progetto “Green Island”, per esempio, tra aprile e giugno l’associazione Amaze avvierà l’esperimento di alveari urbani destinati alla produzione di miele. “In Europa e negli Usa cresce il numero di alveari urbani, integratori di reddito al tempo della crisi ma anche segnale di attenzione ai temi dell’inquinamento e dell’ambiente. L’adozione di alveari urbani nelle città è diffusa in molte parti del mondo: Parigi, Berlino, Londra, NYC, Sydney. Sembra infatti che a dispetto dell’inquinamento, le api di città siano più “produttive” di quelle di campagna”, spiegano da Amaze.
E vincitore del concorso Women for Expo, indetto da Expo 2015, è un altro progetto di agricoltura urbana, chiamato OrtiAlti, una start up al femminile nata con l’obiettivo di creare orti di comunità sui tetti dei condomini. “Gli OrtiAlti sono dispositivi di riqualificazione urbana, capaci di intrecciare i benefici ambientali che i tetti verdi generano nelle città grazie alla stratigrafia tecnologica con cui sono realizzati – riduzione dell’isola di calore, biodiversità, efficientamento dell’edificio, riduzione delle emissioni di C02 e controllo dei consumi, gestione delle acque piovane, con la dimensione produttiva e di socialità degli orti – autoproduzione di vegetali freschi, riciclo dei rifiuti in compost, creazione di spazi di comunità”, spiegano le ideatrici Elena Carmagnani e Emanuela Saporito.