I big mondiali riuniti a Davos non possono ignorare la sfida dei cambiamenti climatici. E c’è anche chi ne valuta le opportunità di business
23/01/2015
Veronica Ulivieri
È l’occasione di incontro di leader economici e politici di tutto il mondo. Il tradizionale Forum economico mondiale di Davos, che quest’anno si chiude il 24 gennaio, è un osservatorio su quelle che i potenti della Terra considerano le questioni più scottanti sulla scena mondiale. Questo non significa che riescano a risolverle, ma almeno che ne parlano. Grossi fatti spesso non seguono alle parole, ma già l’agenda e il programma del forum possono raccontare molto sulle loro priorità.
Nella lista delle 10 “sfide globali” punto di riferimento dell’edizione 2015, l’ambiente è presente, associato alla sicurezza delle risorse. I responsabili del forum non specificano altro, ma discutendo di alimentazione, infrastrutture, sviluppo e commerci è difficile che i leader del pianeta possano ignorare le diverse emergenze ecologiche e le nuove tecnologie green.
Prendiamo il caso dei cambiamenti climatici, che non sono inseriti tra le sfide che il mondo dovrà affrontare nel prossimo futuro. Nel report 2015 sui rischi globali, anch’esso realizzato dallo staff del WEF, però, tra i primi 5 rischi più probabili ci sono, dopo quelli geopolitici legati ai conflitti tra stati con conseguenze regionali, le difficoltà associate a eventi meteo estremi. E nella top five dei rischi globali con maggiore impatto, le tematiche ambientali sono protagoniste: il WEF avverte sulla pericolosità delle crisi dell’acqua e sugli effetti negativi che potrebbero derivare dal fallimento dei processi di adattamento ai cambiamenti climatici. Il riscaldamento globale e un meteo sempre più imprevedibile ed estremo avranno anche impatti diretti sulla produzione di cibo, le aziende, l’economia, le infrastrutture.
Ormai, anche se non tutti gli stati sono intenzionati a prendere impegni precisi e vincolanti sul clima, il tema non può essere evitato. Eppure molto c’è ancora da fare: il sondaggio 2015, realizzato dalla società di consulenza PricewaterhouseCoopers, sugli orientamenti di oltre mille leader aziendali, ha del tutto ignorato il riscaldamento globale. Nella rosa di minacce al business tra le quali i CEO dovevano scegliere le più preoccupanti per loro, il global warming non era neppure menzionato. Eppure le loro attività dovranno farci i conti e probabilmente le decisioni della prossima COP di Parigi – se qualcosa si deciderà – avranno una ripercussione anche sull’economia.
E infatti c’è chi, ben consapevole di cosa ci aspetta, prova a guardare l’altro lato della medaglia: un altro rapporto diffuso in occasione del Forum, realizzato dalla piattaforma delle Nazioni Unite Global Compact in collaborazione con think tank e società di consulenza, mette in fila le possibilità di business aperte da ogni criticità ambientale. Così, per esempio, la scarsità di risorse idriche apre la strada a tecnologie per rendere l’agricoltura più efficiente e a sistemi per potabilizzare acque salate o impure. Allo stesso modo, la maggiore frequenza di eventi meteo estremi può funzionare da input per mettere a punto sistemi più sofisticati di allerta e strategie di adattamento. E l’urbanizzazione insostenibile è il presupposto per provare a cambiare le cose, con città più verdi e smart e investimenti nello sviluppo rurale.