La denuncia arriva dall’ong Transport&Environment: “Bruxelles imponga lo stop. Inquina tre volte di più dei carburanti fossili”
30/11/2016
Veronica Ulivieri
Quando al supermercato scegliamo biscotti e pane in cassetta lo evitiamo come la peste, ma l’olio di palma uscito dal carrello della spesa rientra inosservato attraverso il serbatoio dell’auto. Perché, come denuncia il network europeo di ong ambientaliste Transport&Environment, oggi in Europa l’utilizzo più comune dell’olio di palma è proprio la produzione di biodiesel, con gravi impatti ambientali. Viene usato a questo scopo il 46% della quantità che arriva nel vecchio continente, contro il 45% che va all’industria alimentare, chimica e dei mangimi per animali, e il restante 9% destinato alla produzione di energia e calore. Oggi il biodiesel da olio di palma ha in Ue una quota di mercato dell’80% sul totale di carburanti da oli vegetali.
Salta subito all’occhio un problema di scarsa informazione del consumatore: anche se parliamo di quantità piccole – viene da olio di palma il 2% di tutto il diesel utilizzato in Europa nel 2015 – rimane il fatto che spesso al momento di fare il pieno nessuno ci dice da che materie prime viene il carburante. La questione però ha un peso fortissimo se si considerano i reali impatti ambientali di questo combustibile di origine vegetale. Il rischio, evidenziano da T&E, è che “la cura sia peggio della malattia”, perché “ilbiodiesel da olio di palma è tre volte più inquinante del diesel fossile”. Questo perché la crescita dell’olio di palma porta deforestazione e consumo di suolo fertile in Asia sudorientale, America latina e Africa. “Il biodiesel da olio di palma e di soia produce emissioni per il cambio di utilizzo del terreno che da sole superano quelle legate all’intero ciclo di vita del diesel fossile”. Secondo l’organizzazione, “se il mondo seguisse l’Europa nella sua attuale sete di biodiesel da olio di palma, per soddisfare la domanda servirebbero 4,3 milioni di ettari di terra ai tropici. Un’area che equivale alle foreste pluviali sopravvissute nel Borneo, a Sumatra e in Malesia”.
Per il futuro, fondamentale sarà la direzione che la Commissione europea imprimerà alle politiche sui biocarburanti. L’esecutivo Ue sta per presentare la direttiva sulle energie rinnovabili, in cui dirà se dopo il 2020 i biocarburanti dovranno o meno godere di supporto pubblico. Secondo indiscrezioni, spiegano da T&E, si abbassa la quota di biocarburanti da materie prime “coltivate” al 3,8% dei combustibili totali usati dal settore dei trasporti nel 2030: “Una riduzione minima rispetto al 4,9% già raggiunto nel 2014”, lontana dalla promessa di un abbandono totale dei combustibili basati sulle porduzioni alimentari fatta dalla Commissione lo scorso luglio.
“Se tutto il mondo si mette a consumare la stessa quantità di biodiesel da olio di palma come sta facendo l’Europa, per le foreste pluviali del mondo sarà finita. Dobbiamo fermare la follia del biodiesel e il posto migliore da dove cominciare è dove tutto ha avuto inizio: l’Europa”, dice Jori Sihvonen, responsabile biocarburanti di T&E.