Imitare l’ecosistema foresta è energeticamente efficiente, aumenta la biodiversità e fa ottenere più di un raccolto.
- Simona Mingolla
Si terrà il 28-29-30 novembre 2014 presso l’azienda agribiologica Amaltea a Rivalto di Chianni (Pisa) un corso di progettazione e realizzazione di una Food Forest, “ovvero come trasformare un fazzoletto di terra in un bocconcino prelibato” come titolano gli organizzatori. Questo, però, è solo uno dei casi di incontri sull’argomento, senza parlare delle Food Forest (di seguito F.F.) già realizzate come, ad esempio, la Picasso Food Forest di Parma (per i dettagli, vedere: http://www.fruttortiparma.it/foodforest.html).
Cos’è una Food Forest o Foresta Commestibile? È un tipo di coltivazione multifunzionale a bassa manutenzione che prende a modello l’ecosistema foresta e nel quale si coltivano piante da frutto e noci, piante da legno, ortaggi, aromi, fiori, erbe medicinali, fibre tessili, piante mellifere e tanto altro, in armonia con le necessità umane e della natura. Essa simula un ecosistema boschivo coltivando su più strati (erbaceo, arbustivo e arboreo): gli alberi da frutto sono al piano superiore, mentre al di sotto ci sono arbusti di bacche commestibili, piante perenni e annuali. In tal modo si creano relazioni per formare un ecosistema in grado di ottenere elevate produzioni di cibo con meno manutenzione.
Fu Robert A. de J. Hart il pioniere che ha iniziato negli anni ’60 a coltivare la sua F.F. di 500 m2 in Inghilterra, creando l’opportunità per molti di conoscere questa metodologia e di diffonderla. Dai suoi studi ed esperimenti sulle F.F. tropicali è stato tratto un primo testo che ha influenzato (e continua!) un pubblico sensibile all’ambiente e a circa 35 anni dalla sua pubblicazione si sono moltiplicate le esperienze e le conoscenze. Il modello di F.F. proposto dal mondo anglosassone si focalizza prevalentemente sulla produzione di cibo, legname e alimenti per gli animali, spesso partendo, come nel caso di Martin Crawford, da piante esclusivamente esotiche. Noi italiani partiamo dalle piante ‘nostrane’, quelle autoctone, per poi arricchire con altre piante la nostra F.F.. Si dice che in Italia qualche secolo fa uno scoiattolo avrebbe potuto muoversi dalla Puglia alla Valle D’Aosta senza mai mettere piede a terra. L’Italia, se non ci fosse l’uomo, sarebbe una foresta e più noi ci vogliamo allontanare dal sistema foresta più dobbiamo immettere energia nel sistema perché la natura non ritorni alla sua forma originaria. Ecco perché una F.F. può essere un ottimo sistema per produrre cibo utilizzando poca energia.
I nostri nonni non avevano bisogno di integratori vitaminici o medicinali come noi oggigiorno.
Perché non recuperare la saggezza di queste persone che per millenni sono andati nei campi e nei boschi a procurarsi ciò di cui avevano bisogno per i propri cure e sostentamento? In altri termini, perché non lavorare con la natura, anziché contro? Infatti, la F.F., con i suoi numerosi aspetti vantaggiosi (accelera le successioni, fa ottenere più di un raccolto, è energeticamente efficiente, aumenta la biodiversità, ecc), ci offre la possibilità di convertire un orto (annuale, intensivo e ad alta manutenzione) in qualcosa di perenne, stabile, autofertile, dove possiamo coltivare alberi da frutto tradizionali, ma anche sperimentare una serie di abbinamenti con piante inconsuete (asimina, goji).
È un’alternativa valida al frutteto familiare, poiché ottimizza una serie di risorse, quali materiale organico, acqua, minerali, e offre una molteplicità di piante e di raccolti nell’arco dell’anno da giugno a novembre. La F.F. può essere realizzata in un angolo del giardino oppure in estensioni di terreno molto ampie, si può anche convertire un bosco o un frutteto già esistente.