Dai fondi del caffè raccolti ad expo alla capsula compostabile: l’economia circolare made in Lavazza
- Letizia Palmisano
In una prospettiva di sviluppo circolare, il fine vita di un prodotto segna l’inizio di un altro processo economico. Su tale fronte, l’adozione di modelli di economia circolare, l’esigenza di non generare più rifiuti e al contempo rendere più efficiente le risorse impiegate, sta spingendo la ricerca e la nascita di una nuova economia “2.0”.
Soluzioni e scoperte sono all’ordine del giorno. Approfondire questi aspetti, oltre che utile, si rivela anche interessante e avvincente. Un esempio? Se è più facilmente intuibile che una lattina di una bevanda nasca a sua volta dal riciclo dell’alluminio, magari di un’altra lattina, solo chi è meglio informato saprà che la propria felpa di pile sarà stata realizzata con le bottiglie di pet riciclate.
Tra i processi produttivi e di (ri)generazione del valore sotto la lente d’ingrandimento della ricerca vi è il caffè. Come ricorda Gunter Pauli (da riascoltare il suo discorso al Global Coffee Forum tenutosi a Milano lo scorso ottobre proprio su questo) solo lo 0,2% della pianta del caffè viene degustato e ingerito. Al contempo, il resto, dalla pianta ai fondi, è teoricamente destinato a diventare inutilissimo scarto (quando invece potrebbe essere riutilizzato).
Ma è obbligatorio che divengano rifiuti? Sicuramente no. Alla medesima conclusione è arrivata la Lavazza, impresa italiana conosciuta in tutto il mondo che, dalla sua fondazione, ha tra i valori l’uso intelligente delle risorse in ogni fase della lavorazione. Proprio a Fa’ la cosa giusta, l’azienda 2016, in collaborazione con Novamont, ha presentato la capsula compostabile. Approfondendo presso lo stand le scelte green dell’azienda è emerso come essa adotti un modello circolare non solo nel fine vita, ma anche in ogni passaggio della catena del valore, dando dignità economica agli scarti di produzione di ogni fase e trasformandoli in materie prime anche per altri cicli produttivi. Come? Lavorando per ottimizzare gli attuali processi produttivi e gli investimenti per la ricerca, di cui la capsula compostabile rappresenta un esempio concreto. Come dire… le idee e i progetti sostenibili sembrano sbocciare come funghi. Una parola non casuale, a dire il vero. Infatti in fiera, tra le innovazioni presentate, oltre alla capsula vi era lo studio e lo sviluppo delle colture di funghi grazie ai fondi del caffè.
Ecco dunque che, sia la capsula compostabile, sia i fondi di caffè diventano da elemento di scarto, una risorsa.
Il progetto, parte già dal 2008 quando, Lavazza – con partner d’eccellenza come il Politecnico di Torino, l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Novamont – lavora sull’analisi dei fondi di caffè, rilevando come la loro composizione possa innescare un processo di rigenerazione che dà vita a nuovi materiali come biopolimeri, inchiostri, pellet, carta e funghi commestibili; questi ultimi, proprio dallo scarto dell’espresso, prendono vita diventando una fonte proteica di elevato interesse nutrizionistico, oltre che un alimento a basso costo produttivo.
Da lì nasce il progetto sperimentale avviato nel 2015 da Lavazza e Novamont in collaborazione con AMSA e l’impresa sociale “Il Giardinone”. Quale migliore occasione dell’Expo? Ecco allora che dalla Piazzetta del Caffè Lavazza di Padiglione Italia in Expo tutti i fondi di caffè esausto raccolti da AMSA sono tornati in città per essere consegnati in gestione al Giardinone.
Il risultato è stato gustosamente sorprendente: in soli due mesi sono stati raccolti 1.500 kg di fondi di caffè Lavazza e prodotti 150 kg di funghi (Pleurotus ostreatus, detti comunemente “orecchiette”) di eccellente qualità, come ho potuto testare personalmente in una gustosissima cena a base di funghi… e caffè a Cascina Cuccagna ove, nell’hub della sostenibilità, era possibile vedere le colture di funghi da caffè.
Il passo successivo è stato il rendere possibile a chiunque, anche ai neofiti del pollice verde, il coltivare i funghi in casa. Così è nata la Fungobox del Giardinone, presentata quest’anno a Fa’ la cosa giusta. Come ci racconta la curatrice del progetto Laura Gallo, direttore della Giardinone, questa scatola, della grandezza di un cartone da 2 litri, è “realizzata artigianalmente da professionisti, utilizzando fondi di caffè, cellulosa e micelio. Senza alcuna aggiunta di prodotti chimici”. I fondi del caffè così si trasformano in “fertile terriccio, capace di dar vita a funghi sani, gustosi e sostenibili”.
Nell’ottica dell’economia circolare, dopo aver ottenuto due raccolti dalla fungobox, il contenuto potrà essere utilizzato come ottimo rinvigorente per il terreno, aiuterà a ricreare l’humus ed esalta la produttività della terra dei nostri vasi.
Un progetto partito da lontano in cui le sorprese, negli anni non sono mancate. E pare non volersi arrestare qui. Ora, ha proseguito la Gallo “stiamo all’inizio della sperimentazione della crescita dei funghi Pleurotus dalle cialde compostabili di Lavazza e Novamont, quindi a breve avremo i primi risultati”. Tra i vari progetti oggetto di studio, si sta lavorando “ad un nuovo kit che permetterà ad ognuno di noi di utilizzare i propri fondi del caffè per far crescere buonissimi Funghi”, ci ha spiegato la gallo.
Come dire, le idee ecosostenibili spuntano davvero come gustosissimi funghi.