Il grano duro coltivato in condizioni di elevata CO2 ha meno contenuto proteico e sostanze nutrizionali
Il piatto tipico della dieta mediterranea, la pasta, potrebbe risentire di un aumento della CO2 in atmosfera. Il grano duro, infatti, base della filiera nella produzione della pasta, in presenza di alte concentrazioni di CO2 vede diminuire il suo contenuto proteico e nutrizionale.
Questo quanto emerge dall’esperimento “FACE” (Free Air CO2 Enrichment), che ha permesso di studiare l’effetto dell’aumento della CO2 atmosferica sulla crescita del frumento duro in condizioni di campo aperto. Nel corso di due anni di sperimentazione FACE ha analizzato il comportamento di 12 varietà di grano duro, cresciute in condizioni di campo in un’atmosfera contenente circa 570 ppm di CO2 (la concentrazione attesa per il 2050).
I primi risultati hanno dimostrato un generale aumento di biomassa vegetale e di granella. Tuttavia, analisi più approfondite hanno dimostrato una diminuzione del contenuto proteico e quindi una minore qualità della pasta ottenuta dalla semola. Inoltre, le analisi del metabolismo delle piante fatte presso l’ENEA hanno messo in evidenza la diminuzione significativa, nella granella ottenuta in condizioni di CO2 elevata, di una serie di sostanze a funzione nutrizionale (amminoacidi, fosfolipidi) o protettiva (insetticidi naturali).
L’esperimento è tanto più importante in quanto l’Italia è all’avanguardia nella filiera della pasta, dalla produzione di sementi, alla coltivazione e alla trasformazione e per mantenere questa posizione competitiva dovrà saper fronteggiare la minaccia dei cambiamenti climatici. Proprio l’Italia è il maggior produttore mondiale di pasta con più di tre milioni di tonnellate l’anno (circa la metà destinata all’export) e il maggior consumatore con 28 chili l’anno a persona. Ma, non tutto è perduto, questa sperimentazione ha fatto emergere anche un dato positivo. È stata riscontrata, infatti, nelle diverse varietà analizzate, una variabilità genetica nelle risposte alla CO2 elevata, che potrebbe rendere possibile realizzare, tramite miglioramento genetico assistito, nuove varietà di grano duro, adattate a condizioni di CO2 elevata.