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A Parigi fatto l’accordo per il clima, ora “lavori in corso” per attuarlo

Tra i punti principali dell’accordo che entrerà in vigore dal 2020, l’obiettivo di fermare il riscaldamento sotto ai 2 gradi e la revisione quinquennale degli impegni, per la prima volta coinvolti 195 paesi

Federica Cingolani

La voglia di aver successo ha avuto successo. A Parigi l’eco-diplomazia, nei 12 giorni del vertice Onu, si è mossa compatta per raggiungere un nuovo accordo globale sul clima, che dovrà partire dal 2020, in questo aiutata dai 150 capi di stato e di governo che hanno dato l’input iniziale.

Dopo una trattativa all’ ultimo respiro, soprattutto negli ultimi due giorni, è stata approvata un’intesa che coinvolge per la prima volta 195 paesi, di cui bel 186, responsabili del 90% delle emissioni di gas serra, che hanno messo sul tavolo della COP 21 i loro impegni volontari di riduzione della CO2.

Nelle 31 pagine e 29 articoli dell’ accordo i punti principali sono rappresentati dall’obiettivo di fermare il riscaldamento globale “ben al di sotto dei 2 °C” dai livelli preindustriali promuovendo al contempo ulteriori sforzi per arrivare alla soglia di 1,5 °C ; dal  picco delle emissioni che dovrà essere raggiunto quanto prima, pur riconoscendo ai paesi in via di sviluppo la possibilità di raggiungerlo in tempi più lunghi; dal meccanismo della revisione degli obiettivi di riduzione delle emissioni, secondo cui tutti i Paesi “dovranno preparare, comunicare e mantenere” degli impegni definiti a livello nazionale, con revisioni regolari che “rappresentino un progresso” rispetto agli impegni precedenti e “riflettano ambizioni più elevate possibili”, con la prima verifica dell’ applicazione degli impegni fissata al 2023, con  cicli successivi quinquennali; dal rafforzamento del meccanismo di loss&damage, vale a dire le compensazioni economiche destinate ai paesi più vulnerabili che partiranno dal 2020 dalla  base degli attuali 100 miliardi di dollari l’ anno per poi aumentare.

L’ accordo è stato salutato da tutti come un risultato storico. Per il presidente francese Francois Hollande si tratta di “un accordo che vale per un secolo“. Per il Presidente Usa Barack Obama, che tanto si è speso, è un risultato “enorme” ottenuto “grazie alla leadership americana”, il Segretazio generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che ha fatto del clima il primo impegno del suo mandato, ha osservato come l’accordo “getta le basi per progressi nella lotta alla povertà, rafforza la pace e garantisce una vita dignitosa e opportunità per tutti”.

Anche Papa Francesco durante l’Angelus domenicale ha commentato l’accordo raggiunto che –ha detto “richiederà un corale impegno e una generosa dedizione da parte di ciascuno”. Non c’ è dubbio che l’accordo di Parigi rappresenti un momento storico per la difesa del clima.

Ma riprendendo le parole del commissario europeo per l’energia, Miguel Arias Canete, è giusto dire: “per oggi festeggiamo, da domani dobbiamo fare“. Se gli obiettivi sono infatti molto ambiziosi, gli strumenti adottati per raggiungerli sono tutti molto vaghi, dovranno essere messi a punto nel tempo e sono per lo più lasciati alla buona volontà dei singoli Paesi, a cominciare dalla questione della riduzione delle emissioni.

Gli attuali impegni presi dagli Stati e presentati alla Cop 21 porterebbero infatti ad un innalzamento della temperatura di 2,7-3,3 °C per fine secolo e la prima revisione degli impegni è slittata addirittura al 2023, un termine troppo lontano che, come dice l’ex ministro dell’ambiente Edo Ronchi che nel 1997 firmò il Protocollo di Kyoto, rischia “di chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati”. Poco soddisfatti gli ambientalisti che hanno manifestato sotto la Tour Eiffel per protestare contro un accordo considerati non adeguato a combattere il riscaldamento climatico “L’accordo sul clima –dice Greenpeace-è un punto di svolta, ma non basta e contiene una grande ingiustizia: trascura i popoli più vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici, mentre le nazioni che più hanno contribuito al riscaldamento globale promettono miseri aiuti”. L’accordo ora sarà aperto alla firma presso il quartier generale delle Nazioni Unite dal 22 aprile del 2016 al 21 aprile del 2017. 

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