A tre mesi dalla devastante alluvione in Maremma il lento ritorno alla normalità
- Veronica Ulivieri
Ad Albinia, il paese più colpito dall’alluvione del 12 novembre scorso in Maremma, “normalità” è ancora una parola grossa. Le prime aziende stanno riaprendo in queste settimane, il campo da calcio della società sportiva locale è stato appena ricostruito, molti commercianti stanno finendo di ristrutturare i negozi.
Ma quel fiume di fango, che nella provincia di Grosseto ha causato sei morti e invaso strade, abitazioni e campi – qui particolarmente fertili – ha lasciato la sua scia: intere famiglie sono rimaste senza niente, hanno perso la casa, i mobili, l’auto, i ricordi ettari di terreni sono stati resi improduttivi e le imprese – molte del settore agroalimentare – hanno subito danni consistenti. “Nella testa porto ancora stampata l’immagine delle prime case di campagna che abbiamo soccorso, con i piani terra devastati dall’alluvione.
Il fango aveva riempito tutto, era impossibile trovare in quel caos gli oggetti cari. Le persone provavano a fare una cernita, ma nella disperazione del momento si finiva per buttare via tutto. C’era una desolazione fortissima, le persone di fronte a quel disastro erano prese dal senso di impotenza, la sensazione di non riuscire a fare niente”, racconta Angelo Gentili di Legambiente, che in quei giorni si è occupato di coordinare i volontari dell’associazione, una squadra permanente di una ventina di persone, più altre 50 arrivate per turni giornalieri. Dalla Regione sono arrivati 52 milioni per opere di messa in sicurezza, sono in corso di formazione le graduatorie per i contributi alla ricostruzione delle abitazioni e si sta pensando ad aiuti diretti per le aziende e le imprese agricole (per queste ultime, infatti, è stato dichiarato lo stato di calamità), ma fino ad oggi i cittadini hanno dovuto fare solo con le proprie forze.
Alessandro Bernardino vive ad Albinia con la moglie. Il suo appartamento al piano terra si è allagato e, in attesa che finiscano i lavori di ristrutturazione, è ospite dei suoceri. “L’alluvione è arrivata intorno alle 10,30 del 12 novembre. Nessuno se l’aspettava, la gente è stata presa alla sprovvista. Io stesso sono stato avvertito con un sms da mia moglie”, racconta. Il centro abitato è più basso rispetto alla via Aurelia: una conca in cui l’acqua si è raccolta, invadendo le vie principali, i garage, i negozi, i capannoni della zona artigianale. “Il guardrail della strada ha fatto da diga e ha spinto il fiume di fango verso Albinia”.
A Luca Vaselli l’alluvione ha distrutto l’attività: un grande negozio di animali e prodotti per l’agricoltura, e un impianto da 0,5 mega watt per produrre energia da oli vegetali. “In tutto – calcola – abbiamo avuto circa 700.000 euro di danni: 300.000 euro di merce distrutta, e altrettanti per il grano da seme e il concime spazzati via. I muri dei capannoni sono caduti, tutto quello che era entro i due metri di altezza, compresi due camion e gli uffici, non si sono salvati”. Quella mattina, ricorda Gentili, “siamo intervenuti fin da subito. I volontari hanno aiutato le persone a spalare fango e togliere i mobili ormai inutilizzabili, ma hanno anche dato un sostegno morale alle famiglie colpite.
Abbiamo cercato di coordinarci con la Protezione civile e le altre associazioni. Gli stessi circoli di Legambiente di altre regioni si sono dimostrati molto solidali”. Nelle campagne della zona, a cui fa capo il 50% della produzione regionale toscana, intere serre per la coltivazione di frutta e verdura sono state spazzate via dalle acque.
Le aziende agricole e agroalimentari hanno riportato danni per circa 100 milioni di euro. “Qui la stagione agricola ormai è persa. Per le imprese agricole e gli agriturismi, un fiore all’occhiello di questo territorio, sono tempi durissimi”, continua Gentili. Ma i maremmani non si perdono d’animo facilmente e a salvarli, in molti casi, è proprio la loro determinazione. “Il nostro appartamento – continua Bernardini – era devastato, i mobili da buttare, l’impianto elettrico era fuori uso e le pareti da rintonacare. Mi sono messo subito a lavoro per ristrutturare la casa. Ho fatto tutto da solo, insieme ad amici e parenti, senza l’aiuto di nessun altro. Per adesso abbiamo speso circa 4.500 euro, ma dobbiamo ancora ricomprare l’arredamento.
Tra un mese, contiamo di rientrare in casa”. Nell’azienda di Vaselli lavorano in sei: “Sarebbe stato più facile chiudere e non pagare più i dipendenti. Ma non sono il tipo che si arrende di fronte alle difficoltà.
Tra un paio di settimane riapriremo, abbiamo approfittato per migliorare l’attività”. Quel 12 novembre, “non c’è stata nessuna allerta: è una discussione che dura da tempo, ma non ha più senso. Ora bisogna rimboccarsi le maniche e cercare di ripartire”. La speranza di imprenditori e commercianti, racconta, è che arrivino aiuti dalla Regione: “Per adesso stiamo provando da soli a ripartire, con l’aiuto delle banche, che qui non si tirano indietro e ci stanno dando una mano”. Uno dei primi segnali di rinascita è stata la riapertura, a metà gennaio, del campo dell’Albinia calcio, di cui Vaselli è il presidente. “L’alluvione aveva distrutto tutto, lo abbiamo rimesso in funzione a tempo di record: in due mesi abbiamo rifatto l’impianto idrico e quello del riscaldamento, ricostruito gli spogliatoi e le docce, ripristinato la recinzione”. Per la maggior parte, con soldi della stessa società sportiva: “Abbiamo ricevuto molti aiuti e manifestazioni di solidarietà, ma il grosso lo abbiamo fatto con le nostre forze. Per noi era una priorità: qui vengono ad allenarsi molti bambini, e volevamo che almeno per loro tornasse un po’ di normalità”.
Ora, finita l’emergenza in senso stretto, è il tempo di pensare a come evitare che si ripetano disastri come questo. “Si è trattato senza dubbio di un evento eccezionale: nei giorni prima dell’alluvione, sulla Maremma, sono caduti dai 300 ai 400 millimetri di pioggia a seconda delle zone, quando in un anno si arriva mediamente a 800. Ma a causa dei cambiamenti climatici, bombe d’acqua come questa diventeranno sempre più frequenti.
È necessario investire in prevenzione, e i piani di gestione del territorio vanno adeguati”, spiega Gentili. “L’amministrazione regionale ha destinato 52 milioni di euro agli interventi di ripristino degli argini e messa in sicurezza del territorio in provincia di Grosseto, e lo stato sta stanziando altri 100 milioni di euro per tutta la regione. Per ora si cerca di tamponare l’urto, ma il lavoro necessario è enorme. La vera prevenzione si fa con una pianificazione, la manutenzione di fossi e fiumi, e spostando anche, dove necessario, le case e le imprese da zone a rischio idrogeologico. In quelle aree non bisogna far più costruire”.