Nascono in Ghana nel 2009 e ne sono state vendute più di mille. Belle, resistenti e amiche del Pianeta. Ecco tutti i dettagli.
CONDIVIDI1425/05/2015
Innovare, inventarsi un lavoro, creare occupazione e, al tempo stesso, fare un favore all’ambiente. A chi non piacerebbe? Ebbene, la storia che stiamo per raccontarvi è una dimostrazione concreta che ciò e possibile anche in un paese dove la necessità di attuare sviluppo economico e creare occupazione potrebbe fare mettere in secondo piano l’ecosostenibilità dell’attività produttiva: il Ghana.
Era il 2009 quando Bernice Dapaah, in procinto di laurearsi in Business Administration e meditando sulle difficoltà di trovare un lavoro in Ghana, assieme ad alcuni studenti di ingegneria, ha iniziato ad elaborare un progetto innovativo utilizzando una materia prima che nel suo paese abbondava: il bambù.
Così è nata la Ghana Bamboo Bikes Initiative, impresa sociale con sede a Kumasi, nel Ghana meridionale, ove un team costituito da giovani altamente specializzati realizza biciclette leggere e resistenti realizzate grazie, appunto, al bambù.
Se infatti le biciclette sono per antonomasia amiche del pianeta in quanto alternative ai mezzi a motore come automobili e moto, queste – potremmo dire – lo sono due volte: forse non tutti sanno che il bambù è una pianta a crescita rapida altamente ecocompatibile, che, in media, produce fino al 35% in più di ossigeno rispetto ad altri alberi contribuendo a prevenire l’erosione del suolo, problematica molto sentita tra gli agricoltori in Ghana.
Le biciclette vendute – a livello internazionale – ad un prezzo che si aggira intorno ai 120 dollari l’una sono già più di mille.
Come sottolineato da Dapaah in una intervista rilasciata al Guardian il bambù è un materiale davvero resistente tanto da essere utilizzato in Cina per costruire le impalcature, ma anche per costruire il padiglione cinese all’Expo – ed è una materia prima ecofriendly.
Per realizzare una bicicletta servono dieci alberi di bambù la cui piantumazione rigenera terreni degradati riducendo al contempo le emissioni climalteanti.
Sul fronte lavorativo, ad oggi la ONG ha impiegato 35 persone altamente specializzate e circa 50 sono pronte ad uscire dai laboratori di formazione.
“La mia parte preferita del lavoro – conclude Dapaah – è andare in officina per vedere i giovani e sapere che sono in grado di guadagnarsi da vivere”. Giovani, aggiunge, a cui la ONG è stata “in grado di creare un po’ di sorrisi per loro”.
Letizia Palmisano