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Robot, reti da pesca, radar spazzini per smaltire la spazzatura spaziale

I rifiuti spaziali grandi più di 10 centimetri sono passati da 2.000 a 22.000 in poco più di 30 anni e mettono a rischio l’incolumità di satelliti, shuttle, astronauti

Un braccio-robot, una rete “da pesca” elettromagnetica, un radar spazzino, un rimorchiatore spaziale. La scienza e i governi sono al lavoro per risolvere il problema dei rifiuti spaziali – satelliti fuori uso, vecchi razzi vettori, oggetti lasciati dagli astronauti, frammenti generati da collisioni – che viaggiano a una velocità di circa 35.000 Km l’ora mettendo a rischio 1.200 satelliti in orbita, shuttle, strumenti spaziali sperimentali e anche l’incolumità degli astronauti in missione. Dall’inizio dell’era spaziale, il 4 ottobre 1957 (quasi 57 anni fa), la spazzatura nello spazio è aumentata vertiginosamente. Secondo dati della Nasa i rifiuti spaziali più grandi di 10 centimetri, erano 2.000 nel 1970, sono diventati 22.000 nel 2013. Inoltre viaggiano nello spazio oltre 700.000 oggetti con un diametro da 1 a 10 centimetri e 170 milioni con un diametro piccolissimo.

L’ultimo progetto per catturare tutta questa spazzatura spaziale, realizzato dal Centro spaziale svizzero come parte del progetto Clean-mE, è un braccio-robot capace, come un vero braccio umano, ad anticipare le traiettorie degli oggetti in orbita ed acchiapparli. 

L’addestramento del braccio robot è avvenuto con una palla, una bottiglia vuota, una bottiglia piena a metà, un martello e una racchetta da tennis, una selezione di oggetti che offriva una vasta gamma di situazioni in cui la parte dell’oggetto che il robot deve prendere (il manico della racchetta, per esempio) non corrisponde al suo centro di gravità.

A questo punto il robot è stato in grado di utilizzare una serie di telecamere per creare un modello di cinetica degli oggetti in base alle loro traiettorie, velocità e movimento di rotazione e calcolare quindi come posizionarsi molto rapidamente nella giusta direzione al fine di catturare l’oggetto.

Anche nel Regno Unito, all’Università di Surrey, stanno lavorando al progetto REMOVEDEBRIS, per mettere a punto tecnologie come le reti acchiappa rifiuti e arpioni di cattura. Ma chi si sta muovendo con tutta la sua forza economica e di ricerca sono gli Stati Uniti con il progetto Space Fence.

Il progetto, che dovrebbe poter contare su un finanziamento di 6 mld di dollari, prevede la realizzazione di un sistema di radar in grado di individuare tutta la spazzatura che gira nello spazio. Tutto questo per evitare che la storia raccontata nel film Gravity dello scorso anno, dove lo shuttle dei protagonisti viene distrutto dai detriti di un satellite, diventi realtà.

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