La piccola multinazionale formato natura, attiva nella cosmetica e nella medicina omeopatica, rischia di dover ritirare dal mercato italiano decine di farmaci
Veronica Ulivieri
A fondarla è stato, all’inizio degli anni Venti del 1900, Rudolf Steiner, il padre dell’antroposofia: quella filosofia che ha dato origine all’agricoltura biodinamica, e a un tipo di pedagogia che contrappone l’esperienza all’insegnamento di nozioni vuote. Weleda oggi è una (piccola) multinazionale attiva nei settori della cosmetica e dei medicinali omeopatici, prodotti rigorosamente con piante coltivate secondo il metodo biodinamico. Stefano Riva, AD del ramo italiano dell’azienda, racconta il lavoro difficile di conciliare la sempre crescente fiducia tributata dai consumatori con la burocrazia, ma fa anche un bilancio di un’attività di sensibilizzazione su una nuova visione di salute che dura da quasi un secolo.
Partiamo dagli aspetti positivi: quali sono oggi i vantaggi per un’azienda sostenibile? Possiamo dire che un’azienda attenta alle tematiche ambientali è già “attrezzata” per affrontare le sfide che inevitabilmente il futuro ci presenterà?
Sì, assolutamente. Per noi uno dei principali vantaggi è la fiducia da parte delle persone, che acquistando i prodotti si sentono nostri alleati. Il consumo, nel nostro caso, diventa così un atto culturale. Storicamente abbiamo contribuito a introdurre anche in Italia un nuovo modo di vedere la salute individuale e collettiva: la malattia non è un sintomo da cui guarire, ma un processo di squilibrio su cui costruire ipotesi di auto-guarigione, in cui gioca un ruolo fondamentale lo stile di vita, inteso come alimenti, cosmetici, abitudini, socialità.
Quali invece le difficoltà?
La normativa italiana ci chiede di presentare entro il prossimo anno dei dossier molto precisi sui nostri farmaci omeopatici e di pagare tariffe di registrazione: solo quelli che saranno approvati rimarranno sul mercato. La stesura di questi documenti è molto costosa, le istituzioni italiane si rifiutano di dialogare e, al contrario di altri Paesi come la Francia e la Germania, non ci sono a livello statale competenze sulla medicina omeopatica. Di fronte a queste prospettive, saremo obbligati a ritirare dal mercato italiano decine di farmaci.
Il 22 maggio lei sarà presente a Torino alla quarta edizione del Workshop Nazionale IMAGE, dedicato quest’anno al tema “Medicina ambientale e salute: verso la smart health”. Quanto sono importanti i cosmetici per la salute?
Molto, considerando che i prodotti cosmetici vanno ad agire sulla pelle, che è il nostro principale organo di senso, ciò che ci relaziona con l’esterno. Dei cosmetici non è solo importante l’aspetto dell’assenza di conservanti e sostanze chimiche dannose come i petrolati, che possono essere assorbiti dal nostro organismo. L’aspetto fondamentale, secondo Weleda, è l’azione che può avere un cosmetico di riequilibrio della pelle, riattivazione rispetto a uno squilibrio: si mette così in moto un processo di “riattivazione” anche della persona, che partecipa al cambiamento benefico.