Verde, una nuance da affiancare al termine sviluppo che, purtroppo, non sembra ancora essere assimilata quale sfumatura ineluttabile del progredire sostenibile e spesso strumentalizzata per apparire migliori. Il verde, oggi, rappresenta una cromia dalla verve innovativa che fa tendenza e che rende più “”fashion”” le azioni che se ne fregiano!
Verde, una nuance da affiancare al termine sviluppo che, purtroppo, non sembra ancora essere assimilata quale sfumatura ineluttabile del progredire sostenibile e spesso strumentalizzata per apparire migliori. Il verde, oggi, rappresenta una cromia dalla verve innovativa che fa tendenza e che rende più “”fashion”” le azioni che se ne fregiano! Il “”green”” diviene, così, suffisso demagogicamente tirato in ballo per rendere alcuni brand più solidali e alcuni amministratori più virtuosi, magari in prossimità di nuove competizioni elettorali, fingendo di essere “”eco”” con qualche rimedio posticcio e ostentate azioni ispirate alla venerazione di questo colore appagante e “”speranzoso””. Politiche “”civetta”” che simboleggiano il “”greenwashing”” dell’apparenza!
Oggi, infatti, per essere trendy e suscitare ammirazione, sembra sia sufficiente mostrare una reputazione responsabile e il verde in questo aiuta! Spesso il mercato si preoccupa, attraverso operazioni di marketing puntuali, di connotarsi di una nuova impronta “”catartica””, di una rinnovata apparenza ecosostenibile tesa a “”purificare”” coscienze a volte ingannevoli. E, dunque, come si può capire se un’azione, un marchio, un’idea siano davvero concepite secondo una convinzione eco-friendly e siano autentiche espressioni di consapevoli percorsi green oriented? Questa verifica non è certamente facile, poiché non vi sono strumenti normativi adeguati per identificare cosa sia realmente attendibile e cosa “”maquillage””.
Come distinguere, allora, il vero dal falso nella “”green economy””? Tale amletico quesito non può attendere risposte esaustive e oggettivamente chiarificatrici, ma l’intento dell’approfondimento, esplorato in questo numero di Eco-news, è volto a suggerire indicazioni che possano offrire un “”help”” per riconoscere il “”verde leale”” da quello di facciata. Un’azienda che include nella sua filosofia di crescita la sostenibilità ambientale, dotandosi arbitrariamente di processi disciplinati da normative ecocompatibili e verificabili anche attraverso controlli pubblici, come previsto, ad esempio, dalla registrazione Emas, è sicuramente credibile e il suo impegno nella mitigazione degli impatti ambientali realmente documentabile. Così come è facilmente riconoscibile una amministrazione pubblica che, nella sua policy di sviluppo e di indirizzo, pone in primo piano l’ecosostenibilità.
Le azioni e le programmazioni di “”development”” saranno tutte proiettate verso quell’obiettivo, che è l’essenza stessa della linea politica virtuosa, non il mezzo per decantarla. Mi viene in mente un sindaco che per anni aveva ignorato il valore della green economy ma che, prima della scadenza del suo mandato, acquistò alcuni mezzi di trasporto elettrici per la città, sostenendo, convintamente, di essere sempre stato un ambientalista-
Simonetta Badini