A 20 anni dal decreto Ronchi cresce la differenziata, discariche in calo, boom dell’industria green dei rifiuti e gli italiani promuovono la raccolta separata dei rifiuti
La narrazione dell’Italia dei rifiuti degli ultimi 20 anni registra un finale positivo. Il Paese oggi primeggia, infatti, in Europa grazie alle numerose e consolidate esperienze gestionali e produttive di economia circolare e questo trend positivo si deve, a livello normativo, all’approvazione D.Lgs 22 del 1997, il cosiddetto Decreto Ronchi sui rifiuti, che questo mese di febbraio compie proprio 20 anni. E sono soprattutto i numeri che testimoniano i progressi fatti in 20 anni. Se nel 1997 ben 21,3 milioni di tonnellate di rifiuti (l’80% dei rifiuti urbani) finiva in discarica con enorme spreco di risorse, impatti ambientali e continue emergenze, nel 2017 solo 7,8 milioni di tonnellate di rifiuti (26%) finisce sotto terra; nel 1997 solo il 9% dei rifiuti veniva raccolto in maniera differenziata, nel 2017 si è arrivati al 47,6% dei rifiuti urbani e ancora meglio è andata ai rifiuti a imballaggio, l’avvio al recupero degli imballaggi è salito dal 33% del 1997 al 78,5% dell’immesso al consumo nel 2015. Ma uno dei risultati migliori riguarda la green economy, cresciuta con le crescenti quantità di rifiuti avviati al riciclo, che oggi conta oltre 6.000 imprese (in aumento del 10% rispetto al 2008) con circa 155 mila addetti (un aumento degli addetti del 13% rispetto al 2008) con un fatturato stimato delle 6000 imprese dedicate alla gestione dei rifiuti di circa 50 miliardi di euro e l’ Italia inoltre detiene il 12% del numero totale di brevetti green legati al settore dei rifiuti sviluppati in Europa (seconda solo alla Germania). Per ricordare questo anniversario e fare il bilancio a 20 anni da quella riforma, la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile ha realizzato una pubblicazione a più mani “La riforma dei rifiuti a 20 anni dal D.Lgs 22/97 e alla vigilia del nuove Direttive rifiuti-circular economy”.” Quella riforma –ha osservato il padre del Decreto, Edo Ronchi – ha consentito di far decollare l’industria verde del riciclo dei rifiuti e potrebbe consentire di raggiungere anche i nuovi e più impegnativi target europei di riciclo a condizione che venga applicata in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale”
E proprio i ritardi di alcune città e Regioni mettono a rischio il raggiungimento dei nuovi e più impegnativi obiettivi fissati dalla nuova Direttiva rifiuti-circular economy: il 60% di riciclo dei rifiuti urbani per il 2025 e 65% entro il 2030. In cinque Regioni, tutte del sud, Basilicata (con una raccolta differenziata al 31%), Puglia (30%), Molise (25%), Calabria (25%) e Sicilia (13%) e in importanti città, a partire da Roma, la raccolta differenziata presenta, infatti, ritardi quantitativi e qualitativi. C’è una carenza di programmazione e di impianti, in particolare di compostaggio e di trattamento della frazione umida e i rifiuti, quindi, vengono – per una parte importante – smaltiti fuori regione, a volte anche all’estero, con rilevanti costi, economici, ambientali, di trasporto. In occasione dei 20 anni del Decreto Ronchi il Conai (Consorzio Nazionale Imballaggi) ha anche commissionato ad Ipsos una ricerca che fotografa i “sentimenti” degli italiani verso la raccolta differenziata.
Dal sondaggio emerge che la raccolta differenziata piace agli italiani che comprendono anche come essa sia essenziale per ridurre lo spreco di materiali. Il 91% dice infatti di farla abitualmente e ben il 93% la considera una utile necessità e il 32% è convinto che non rappresenti un problema, ma piuttosto una risorsa. Gli italiani poi in maggioranza (58%) si dicono più attenti al riciclo dei materiali, anche se un’alta percentuale (68%) non nasconde la fatica di gestire quantità crescenti di rifiuti. Ma perché gli italiani scelgono di differenziare i rifiuti? Qui a le percentuali tendono ad avvicinarsi: il 58% dice che si fa perché si è più attenti all’ ambiente, ma per il 42% si fa perchè è obbligatorio. Le raccolte differenziate dei rifiuti “più gettonate” (91%) sono quelle di carta, vetro e plastica.
07/02/2017
Redazione Econews